Autore: AltreStorie

Andrea Monaco, Riapriamo gli spazi Lgbt+ liberandoci delle dirigenze tossiche

Andrea Monaco, Riapriamo gli spazi Lgbt+ liberandoci delle dirigenze tossiche

Molti – dice il giovane studente di matematica – percepiscono l’attivismo come hobby di poche persone narcisiste. Dobbiamo coinvolgere chi si occupa d’altro

Con Altrestorie abbiamo deciso di raccontare come sta vivendo la pandemia di coronavirus la nostra comunità Lgbtqi. Tanti volti, esperienze e riflessioni di attiviste/i, persone impegnate nel sociale, in politica, nelle lotte, nel web, artiste/i, e di tutta la splendida e variegata moltitudine che con le sue diversità da sempre anima la nostra comunità.

Abbiamo sentito Andrea Monaco 25enne studente fuorisede di matematica alla Sapienza di Roma, da anni attivista prima al Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, poi in Link e attualmente nel Coordinamento Roma Pride.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Sono rientrato a Pescara e vivo con i miei genitori e due fratelli. Rispetto l’obbligo di stare in casa e lo reggo bene perché neanche in tempi normali ho un’intensa socialità, o comunque tanta parte di essa avviene su spazi virtuali. Sono studente di matematica, lo studio procede al solito ritmo e ci sono meno distrazioni. Mancano anche le distrazioni sessuali, piano su cui il virtuale mostra diversi limiti…

Andrea Monaco, 25 anni, pescarese, studente di matematica alla Sapienza di Roma, single. Attivista Lgbtq+, in passato responsabile del gruppo giovani del Circolo Mario Mieli, ora membro del Coordinamento Roma Pride.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Le associazioni che seguo hanno reagito al lockdown in modi diversi, incrementando la presenza sui social (ad esempio con le dirette instagram) o il dibattito interno nei canali telematici soliti. 

La crisi sfida anche questo aspetto: la delimitazione tra esterno e interno nelle organizzazioni Lgbt+, quei “confini” che a livello fisico sono netti, almeno per le organizzazioni che hanno una sede, mentre virtualmente si possono sfumare con più o meno consapevolezza. Questi fanno la differenza tra i vari scopi che una realtà Lgbtq+ si prefigge, dalla semplice offerta di intrattenimento, nemmeno interattiva, al coinvolgimento politico e sociale di una platea più ampia possibile. Sfida complessa ma cruciale.

Penso che la ripresa delle attività sarà più spedita laddove c’è un tessuto di soci vivace e decentrato, libero e dialettico, con attività organizzate in autonomia senza la presenza ingombrante di certe dirigenze. La verticalità è sempre un limite!

Come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo che il virus e le relative contromisure avranno effetti drammatici e complessi. 

Le crisi possono far emergere le ingiustizie sociali e fomentare la giusta rabbia di chi è socialmente più debole. Penso ai limiti della sanità privata e a come essa venga coccolata dalla politica a discapito di quella pubblica. O alle condizioni agghiaccianti di certe residenze per persone anziane, oppure ancora alle carceri. Inoltre penso alle categorie che hanno chiesto insistentemente la riapertura dei luoghi di lavoro per riprendere a profittare sulla pelle di lavoratori e lavoratrici… La richiesta di allentamenti del lockdown può venire da molte istanze diverse, ma queste ultime sono senz’altro le peggiori.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

È il momento di analizzare criticamente gli spazi Lgbta+, lavorando insieme alla più ampia parte possibile di comunità Lgbqt+, qualunque definizione di essa si voglia dare. 

Si può ragionare sulla parola “attivista“. Molti la guardano con diffidenza e  percepiscono l’attivismo per i diritti umani come un privilegio, o peggio come un hobby di poche persone narcisiste.

Bisogna invece dare possibilità a chiunque lo voglia di dare una mano, rendere gli spazi Lgbtq+ attraversabili e contaminabili anche da realtà e persone che si occupano di altro. Tocca liberarsi di dirigenze tossiche che tendono a incollarsi alle cariche e non andarsene più, perché queste persone fanno danni ingentissimi. 

Si devono aprire gli spazi Lgbtq+ al maggior numero possibile di persone, mantenendoli al tempo stesso “safe” per tutte le soggettività e liberandoli da dinamiche malate di potere ed emarginazione del dissenso.

Parallelamente bisogna investire sui social network, come si è costretti a fare in questo periodo. Si tratta di spazi vissuti da tutte le generazioni e consentono di raggiungere moltissime persone. Spesso sono guardati con sufficienza, ma sono un’agorà fondamentale per promuovere cambiamento sociale, pur con le loro contraddizioni.

Ridolfi, I confini in natura non esistono

Ridolfi, I confini in natura non esistono

“La comunità Lgbtqi sa dimostrarsi solidale come è stato coi pride del 2012 con la ricostruzione post-terremoto in Emilia. Ora non dobbiamo essere da meno”

Con Altrestorie abbiamo deciso di raccontare come sta vivendo la pandemia di coronavirus la nostra comunità Lgbtqi. Tanti volti, esperienze e riflessioni di attiviste/i, persone impegnate nel sociale, in politica, nelle lotte, nel web, artiste/i, e di tutta la splendida e variegata moltitudine che con le sue diversità da sempre anima la nostra comunità.

Dalla sua quarentena nel Nord Est abbiamo raggiunto Sebastiano Ridolfi, attivista, manager e conduttore radiofonico, pansessuale dichiarato. Da 8 anni conduce “Romeo in Love“, video podcast sulla cultura Lgbtqi dell’Università di Verona, e ha condotto i Pride di Vicenza (2013), Venezia (2014), Verona (2015), Bergamo (2018)

Il Veneto dove vivi è stato tra le prime regioni in Italia colpite dal coronavirus, ma la risposta sembra essere stata molto diversa da quella della vicina Lombardia. Tu che idea ti sei fatto? Com’è lì la situazione?

Alcune aree sono state tra le prime del Paese a essere colpite, mentre altre sono rimaste affollate di turisti fino al giorno del primo decreto ministeriale. Il Veneto ha più anime e non ha mancato di esprimere la sua eterogeneità anche in questa circostanza. Senza dubbio qui il dramma è da settimane affrontato con responsabilità dalla maggior parte dei cittadini, che anche dalle statistiche sulla circolazione si stanno rivelando diligenti.

Sebastiano Ridolfi (soprannome: Fox), 37enne manager e speaker radiofonico, vive a Verona è sentimentalmente mpegnato e vive da solo.
Pansessuale dichiarato da 13 anni, da 12 attivista per i diritti civili. Per 8 anni conduce “Romeo in Love“, video podcast sulla cultura Lgbtqi dell’Università di Verona, presentatore e attivista dei Pride di Vicenza (2013), Venezia (2014), Verona (2015), Bergamo (2018).
Primo candidato gay dichiarato a candidarsi per il ruolo di Papà del Gnoco, Sire del Carnevale Veronese, tradizione pagana ma molto conservatrice vecchia di quasi 500 anni

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Lavoro da casa dalla settimana precedente al lockdown, nella quale con capo e colleghi ho riorganizzato l’azienda per renderla operativa in remoto al 100%. Quei pochi giorni di anticipo sui tempi mi hanno consentito di raggiungere il mio partner in una città vicina alla mia, e da allora affrontiamo questa inusuale prova di convivenza assieme. Stiamo bene e fortunatamente anche lui è in telelavoro, pertanto cerchiamo di stare il più possibile uniti e al sicuro.

Non sono una persona molto abitudinaria, ma come tutti ho dovuto reinventare una quotidianità da zero. Mi mancano i familiari, la palestra e gli all you can eat.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
Sebastiano Ridolfi sul palco del Bergamo Pride 2018

L’approccio peggiore credo sia quello di attendere che tornino le condizioni di prima. La realtà a cui eravamo abituati non si ripresenterà in tempi brevi. Credo in un modello “digital only”, in cui riproporre in una nuova veste le varie attività e iniziative online, magari approfittando del cambiamento imposto per ripensarle e migliorarle. Ho visto che tanti hanno già preso le prime iniziative e stanno circolando buone idee. Anche alcuni servizi di supporto che considero essenziali per chi è a rischio di violenza o isolamento tra le mura di casa, come il Telefono Amico, stanno tornando operativi tramite Internet.

La comunità Lgbtqi, inoltre, quando vuole, sa dimostrarsi utile e solidale anche al di fuori dei propri perimetri di azione tradizionali. La mia memoria va, ad esempio, alle iniziative solidali di vari Pride nel 2012 rispetto alla ricostruzione post-terremoto in Emilia. Credo che stavolta, con le gravi emergenze socioeconomiche che dovremo affrontare, non sarà da meno.

Come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Ridolfi lla conduzione di “Romeo in Love”

Stiamo vivendo una tragedia dalle dimensioni storiche, ma è in momenti come questo che si ha l’occasione e la necessità di cambiare per davvero, e di chiedersi quali errori stavamo commettendo nella nostra cosiddetta “normalità” precedente. È l’ora di rimboccarsi le maniche e di rendersi conto che questa sfida va vinta a livello planetario. COVID-19 ci ha dato dimostrazione di qualcosa che abbiamo avuto sempre sotto il naso, ma che abbiamo cercato in tutti i modi di negare: i confini non esistono in natura, così come non c’è un primo e un terzo mondo. La Terra è una soltanto, e siamo tutti esposti allo stesso rischio contro questo nemico invisibile. Lo si sconfigge solo se lo si fa tutti assieme.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

In tutto il mondo gli attivisti per i diritti civili saranno chiamati a un impegno ancora maggiore: nell’instabilità si coltivano i nuovi regimi, e con essi le privazioni e limitazioni delle libertà. La situazione in Ungheria, con i pieni poteri al premier e la sua recente stretta contro le persone transgender, costituisce un primo, chiaro esempio di regressione verso autoritarismi che la storia ha già più volte condannato ma non, purtroppo, ancora archiviato.

H.E.R., Non potremo più permetterci il lusso della discriminazione

H.E.R., Non potremo più permetterci il lusso della discriminazione

La raffinata musicista e cantante transgender, oggi finalista al festival Musicultura 2020 con “Il Mondo Non Cambia Mai”, ha trasformato il salotto in palco

Con AltreStorie abbiamo raggiunto Erma Castriota, in arte H.E.R.

Musicista e cantautrice pugliese e transgender, H.E.R è nota soprattutto per il suo straordinario virtuosismo col violino elettrico. Nel 2000 ha legato il suo debutto da solista al World Pride di Roma con la cover di Nessuno mi può Giudicare e negli anni è diventata protagonista della scena cantautorale e artisitica colaborando con artisti come Franco Battiato, Morrisey, Teresa De Sio, Roy Paci, Têtes de Bois, Petra Magoni e dividendosi tra teatro, cinema, musica e concerti dal vivo.

Attualmente è finalista per la XXXI edizione di Musicultura, col suo brano “Il Mondo Non Cambia Mai”, prodotto da Gianni Testa per Joseba Publishing.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Le mie abitudini sono, ovviamente, cambiate. Ho comunque trasformato il mio salottino in un palcoscenico. È molto impegnativa come cosa ma sopravviverò anche a questa!

Il mio lavoro mai come adesso è cambiato in meglio considerando che mi sto occupando, insieme alla mia equipe, della promozione del mio brano  in concorso a Musicultura. È un lavoro on line perciò ideale per questo periodo.

Le mie relazioni sono ridotte all’osso… Prima convivenza con il mio compagno, ora solitudine meditativa,  spesa settimanale e stop.

Erma Castriota, in arte H.E.R, nasce a San Giovanni Rotondo (FO) (quasi) 50 anni fa.
Sin da piccola scopre l’amore per la musica che con il suo violino la porterà in giro per il mondo come protagonista della scena cantautorale moderna.
Artista transgender da sempre visibile, lega il debutto da solista con il World Pride 2000 di Roma, per il quale incide la sua versione di “Nessuno mi può Giudicare”.
Negli anni allarga sempre più il suo campo di azione spaziando tra teatro, cinema, musica e concerti dal vivo.
Attualmente è in gara come finalista per la
XXXI edizione di Musicultura col suo brano “Il Mondo Non Cambia Mai”.

Nel brano “Il Mondo non Cambia Mai”, finalista a Musicultura 2020 parli di paure, egoismi e difficoltà a conoscere chi è divers* da noi. Una denuncia sociale e politica che sembra puntare il dito contro un Mondo che negli ultimi anni ha eretto più muri che ponti e che pure di fronte all’emergenza globale della pandemia, stenta a trovare unità e solidarietà.

Il mondo non cambia mai”  l’ho scritta nell’ottobre del 2019 e parla , ovviamente, del  “pensiero unico” che non prevede le differenze… Tutte cose che negli ultimi anni abbiamo ampiamente respirato sia politicamente che socialmente. Ora invece è tutto capovolto e rivalutabile. Spero che questo stop globale porti a ciascuno quell’umanità perduta, quella poi tipica di ogni ” dopoguerra”. 

D’altro canto oggi assistiamo sicuramente anche ad episodi di regionalismo sanitario ed economico che non rende l’Italia  omogenea. Ma è ancora troppo presto per tirare le somme sul termometro sociale  prossimo. 

Continua dopo la galleria fotografica…

Hai partecipato al festival quasi 20 anni fa con un altro nome e un’altra identità. Nel mezzo un percorso artistico e personale di transizione. Che cosa ti ha insegnato? Come artista transgender che rapporto hai avuto con la comunità Lgbtqi ?  

Il mio rapporto con la comunità Lgbtq è stato sempre attivo sin dal 2000 quando ho partecipato al disco ufficiale del World Pride a Roma con Nessuno Mi può Giudicare. Nel 2005 con il film a tematica transgender Mater Natura di Massimo Andrei si è consolidato definitivamente, e negli anni tante sono state le mie partecipazioni a eventi rainbow malgrado i miei vari impegni e i miei viaggi che mi hanno sempre portato in giro per il Mondo.

Nel 2016 , ad esempio, sono stata lietissima di suonare come omaggio all’unione civile del primo sindaco gay  in Italia celebrato dalla sen. Monica Cirinnà.

Sul lavoro non mi sono mai nascosta, malgrado il grande sistema musicale ha sempre compresso  e isolato una situazione delicata come la mia. Oggi il mio brano e la mia partecipazione con una nuova identità in un festival musicale così prestigioso potrebbero  essere un gran segnale di apertura. Oltre il mio personale “riscatto”!

Come è nata l’idea del videoclip in versione “quarantena” con la partecipazione di tanti volti diversi ripresi nel chiuso delle proprie case. Desiderio di raccontare un momento così particolare delle nostra esistenza o necessità per andare avanti e non fermarsi?

L’idea del videoclip è stata davvero una cosa fulminea. Avevo il brano pronto, promozione su Radio 1  gratuita… Sarebbe stato  un peccato non farlo! Mi è bastato farmi riprendere dal mio compagno nel bagno di casa e in salotto e, dopo aver chiesto ad alcuni amici  (che ringrazio) un piccolo contributo con dei video selfie, l’ho fatto montare dal videomaker Raffaele Fracchiolla.

Il video è prodotto  dalla Joseba (la mia etichetta ) ed è  anche uno spaccato delle nostre impietose solitudini domestiche, dove un water diventa paradossalmente la porta del nostro inferno, ma il tutto esperesso ovviamente in modo  molto queer  e divertente 

Il mondo della cultura e dello spettacolo è stato duramente colpito dal covid e dalle misure di distanziamento sociale introdotte. Come salvarlo? Come riprendere?

Il mondo dello spettacolo è quello più colpito in assoluto perché è quello che riprenderà dopo tutti gli altri e  anche perché  è il  meno regolamentato a livello fiscale e legislativo. Troppi ancora i paletti previdenziali, troppi gli errori pregressi che ci porteranno indubbiamente ad una grossa crisi di cui stiamo vedendo solo la punta di un iceberg importante.

A me, ad esempio, saltati due  spattacoli con il regista Luciano Melchionna di cui uno è il famosissimo Dignità autonome di prostituzione,  che prevedeva un afflusso enorme di pubblico e un’interazione  impossibile da concepire diversamente.

Solo il tempo ci potrà dare una risposta. Resto comunque fiduciosa sulle varie possibili formule alternative.

Continua dopo la galleria fotografica…

Secondo te la situazione attuale quali rischi prospettive sfide apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?  

Penso davvero che questa crisi ci porterà all’essenziale  e non avremo (spero) né il tempo né tantomeno  il “lusso”  della superflua discriminazione 

Spero che questa guerra ci porti tutti sull’unica strada possibile: quella dell’umanità condivisa.  

Se sarà così tutto sarà diverso  e “vero” . E tutte le battaglie fatte potranno così dare finalmente frutti davvero importanti.  

Pier Cesare Notaro, Serve una proposta di trasformazione radicale

Pier Cesare Notaro, Serve una proposta di trasformazione radicale

Il Grande Colibrì ha creato una pagina di info su Covid-19 in 49 lingue. Usata in tutto il Mondo, citata dal New York Times, quasi ignorata dai media Lgbtqi italiani

Con Altrestorie abbiamo deciso di raccontare come sta vivendo la pandemia di coronavirus la nostra comunità Lgbtqi. Tanti volti, esperienze e riflessioni di attiviste/i, persone impegnate nel sociale, in politica, nelle lotte, nel web, artiste/i, e di tutta la splendida e variegata moltitudine che con le sue diversità da sempre anima la nostra comunità.

Da anni Pier Cesare Notaro con il sito di informazione e l’associazione di volontariato il Grande Colibrì si batte e si impegna fare emergere, sostenere e raccontare l’importanza delle altre differenze (etniche, nazionali, culturali, religiose, sociali, relazionali, sessuali…) che si intersecano con quelle legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Accendendo un faro su una realtà spesso ignorata ed emarginata anche all’interno della comunità Lgbtqi+. Non potevamo non sentirlo.

Vivi in una delle regioni più duramente colpite dall’epidemia di coronavirus. Come hai vissuto l’emergenza?

Il suono delle sirene è molto frequente mattina, pomeriggio, sera e notte. E non sono in una delle zone più colpite, da cui amici e conoscenti mi raccontano di aver conosciuto anche una dozzina di persone morte per il COVID-19 o per altri motivi, come il grande ritardo nell’intervento delle ambulanze, certamente non per colpa degli operatori sanitari.

È davvero lugubre vivere l’epidemia in Lombardia, dove una giunta regionale di infinita incompetenza sta portando avanti decisioni sempre più assurde.

Pier Cesare Notaro, 37 anni, vive a Lecco. formatore e insegnante di italiano per stranieri, fondatore e presidente dell’associazione di volontariato Il Grande Colibrì.

Con il Grande Colibrì da anni ti occupi della questione Lgbtqi da una prospettiva globale e interculturale, della molteplicità e convivenza delle differenze. Secondo il tuo osservatorio che impatto ha avuto e sta avendo la pandemia con le sue conseguenze sanitari e socio-economiche sulle minoranze, nella comunità Lgbtqi di chi proviene da altri paesi o diversi contesti culturali? Ci sono delle particolari criticità da attenzionare?

La comunità LGBTQIA appartenente a minoranze etniche e linguistiche vive lo stesso abbandono di tutta la popolazione immigrata. Le criticità sono davvero tante, a partire dalla mancanza di informazioni nelle diverse lingue o almeno in italiano semplificato: molte persone sono andate nel panico, anche perché le fake news circolano sui WhatsApp di chiunque… Per questo Il Grande Colibrì ha creato una pagina di informazioni in 49 lingue, che ormai viene utilizzata un po’ da tutto il mondo.

Il Grande Colibrì al Milano Pride

Ma se il Governo si è “dimenticato” l’importanza di dare informazioni di base alla popolazione immigrata, si è pure “dimenticato” di prendere misure davvero significative per luoghi fortemente a rischio come i centri di accoglienza, dove le persone non possono rispettare le prescrizioni di distanziamento sociale. Certamente l’opposizione avrebbe fatto molto peggio, ma dimenticarsi di una fetta della popolazione in una pandemia significa mettere a rischio tutta la popolazione

Tra le persone dimenticate, poi, ci sono quelle, immigrate o italiane, senza un tetto: non solo non hanno più quegli introiti minimi derivanti da lavoretti super-precari o dall’elemosina, ma ora si beccano pure le multe perché sono in giro e non in isolamento. Peccato che in moltissime città non siano state pensate strutture per ospitare anche durante il giorno chi non ha una casa.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Il lavoro retribuito è pochissimo e speriamo che torni dopo l’emergenza. Il lavoro di volontariato per l’associazione, invece, è stato frenetico: creare e aggiornare ogni giorno la pagina con le informazioni multilingui richiede davvero molto tempo e molte energie. Ora si è aggiunta anche una pagina multilingue dedicata alla violenza sulle donne. Insomma, le occasioni per annoiarsi sono state molte.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali.  Quali conseguenze? Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Per la nostra associazione sono saltati i gruppi di socializzazione e formazione con le persone LGBTQIA richiedenti asilo, incontri pubblici e proiezioni di film un po’ in tutta Italia, oltre al fatto che con i nostri gruppi locali stavamo lavorando per diversi Pride che non si sa bene che fine faranno… Da un lato c’è il timore che alla ripresa saremo tutte troppo sfinite, demotivate e prese dai nostri problemi economici per portare avanti le attività, dall’altra c’è tanta voglia di lottare come e più di prima.

Tra i problemi principali credo che ci sia la sopravvivenza dei locali e dei luoghi di incontro, anche perché la crisi c’era anche prima e c’è una risposta fin troppo comoda: Grindr. Il rischio è che trionfi ancora di più l’offerta online di incontri veloci e soprattutto “discreti”. Possiamo organizzare un’orgia mentre sparecchiamo la tavola di nonna, ma la nostra sessualità diventa completamente invisibile e quindi incapace di relazionarsi con la società, di diventare spinta al cambiamento.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

In teoria, la pandemia ci sta mostrando quanto il benessere di ciascuna persona dipende dal benessere delle altre e quindi ci dovrebbe far capire la follia di creare società discriminanti, a qualsiasi livello, dalle nostre città al pianeta. In pratica, la pandemia aumenta la paura e la povertà in un mondo già spaventato e in cui le disuguaglianze stanno esplodendo da anni.

Insomma si sta creando un terreno sempre più fertile alle risposte semplici e disumane delle destre. Il rischio è di ritrovarci in società sempre più basata su chiusura, controllo, repressione, diffidenza, omogeneità.

Servirebbe, secondo me, una proposta radicale di trasformazione sociale ed economica, seguendo le elaborazioni che stavano già emergendo nei movimenti anti-capitalisti ed ecologisti. Poi però vedo come reagiamo a una proposta che ricorda vagamente una patrimoniale e mi sento ben poco ottimista.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Parto da un’esperienza concreta: la pagina con le informazioni sul coronavirus in 49 lingue. Ne ha parlato il New York Times e la Reuters, l’ha consigliata la Commissione Europea e l’Istituto Superiore di Sanità, la usano gruppi anarchici e missionari, scuole elementari in Italia e gruppi di profughi in Grecia, associazioni femministe in Algeria e ONG negli Stati Uniti. Tutto questo nasce da un’associazione LGBTQIA. Sai quanti siti medio-grandi della comunità ne hanno parlato? GayPost. Punto. E però si sono dedicate decine di articoli a qualsiasi dichiarazione di un certo consigliere comunale.

Ecco, credo che l’esempio mostri bene quanto il movimento, a parte qualche frangia ai margini, abbia perso completamente il senso delle priorità. Infatti, come ci mostra chiaramente quest’ultima crisi, non abbiamo niente da dire sui grandi temi dei nostri giorni. L’esplosione delle disuguaglianze sociali ed economiche? Non è affar nostro. Lo scombussolamento climatico? Qualche frasetta di circostanza in qualche documento politico. I flussi migratori? Ci basta offrire assistenza ai richiedenti asilo “della nostra parrocchia”. I rischi connessi alla virtualizzazione delle nostre vite? Siamo ancora a difendere Grindr anche se da anni si accumulano le prove che porta avanti politiche contro i suoi utenti!

Quello che spero è che non ci limiteremo a elemosinare un diritto, una legge, un finanziamento. Spero che torneremo a essere protagonisti di un’idea di trasformazione ampia della società.

Tabita, Liberare i corpi da stereotipi e paure. Il Covid non ci ferma

Tabita, Liberare i corpi da stereotipi e paure. Il Covid non ci ferma

Per il direttore artistico del Giacinto festival – nature lgbt, oggi non possiamo lasciare indietro nessuno “perché dove non arriva lo Stato arriva la mafia”

Con Altrestorie abbiamo deciso di raccontare come sta vivendo la pandemia di coronavirus la nostra comunità Lgbtqi. Tanti volti, esperienze e riflessioni di attiviste/i, persone impegnate nel sociale, in politica, nelle lotte, nel web, artiste/i, e di tutta la splendida e variegata moltitudine che con le sue diversità da sempre anima la nostra comunità.

Abbiamo raggiunto il vulcanico Luigi Tabita, attore, sindacalista e attivista, ideatore e direttore artistico del Giacinto festival-nature lgbt+ che dal 2015 ospita a Noto (SR) una due giorni di informazione e cultura.

Per chi non lo conoscesse, ci racconti cosa è Giacinto Festival?

È un festival di informazione e approfondimento culturale Lgbt+. Nato nel 2015, il festival sin dalla sua prima edizione prevede due giorni di lavori durante i quali, attraverso l’utilizzo di linguaggi differenti, si raccontano le realtà e i nodi che più interessano la comunità Lgbt+, approfondendone i poliedrici aspetti e affermando la pluralità della natura – così come specificato nello stesso titolo del festival – al fine di demolire certi stereotipi, frutto di una cattiva informazione che crea solo ostilità e spesso violenza.

Il festival, patrocinato da Senato, Camera dei Deputati, Regione Sicilia e UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale), si svolge ogni anno ad agosto nella città di Noto, patrimonio dell’UNESCO e città arcobaleno.

Luigi Tabita, attore, attivista, è ideatore e coordinatore in Sicilia di molti progetti contro le discriminazioni come “Alma: educare alle differenze” rivolto alle classi della scuola secondaria di primo grado e ai loro genitori. Dal 2015 è creatore e direttore artistico del festival nazionale di informazione e approfondimento culturale “Giacinto festival-nature lgbt+

Che impatto sta avendo l’epidemia di covid19 sull’edizione in programma per quest’anno?

Il lavoro di programmazione del festival dura l’intero anno. Non appena si chiude un’edizione, subito ricominciano gli incontri con lo staff per programmare l’edizione successiva. Il festival ha degli appuntamenti di informazione anche durante l’inverno, con incontri a tema, nelle scuole e all’interno del festival del libro per ragazzi “Vola Libro”; Insomma non ci fermiamo mai (ride).

Luigi Tabita al Giacinto Festival

Il programma e gli ospiti della prossima edizione erano già pronti. Avevamo annunciato anche il titolo che era il “coming out”, venire fuori non solo per manifestare il proprio orientamento sessuale ma per rivendicare il nostro pensiero e il nostro spazio. Chiaramente ora siam sospesi… Tutto è stato messo in discussione, questa crisi come ogni crisi cambia il sistema dei significati e quindi ci stiamo già interrogando rispetto a questo nuovo mondo che si prospetterà, delineando dei possibili scenari, e ripensando questa edizione sia nei contenuti che su gli strumenti da utilizzare per garantire questa sesta edizione e continuare a fare informazione.

Palermo è salita alle cronache nazionali per i saccheggi organizzati in alcuni supermercati. Disagio sociale, criminalità? Secondo te come stanno affrontando l’emergenza Palermo e la Sicilia?

Nel Sud Italia, purtroppo, ancora vi è una grossa percentuale di persone costrette a lavorare in nero e la crisi che stiamo vivendo ha evidenziato questa emergenza. Io in qualità rappresentante sindacale sono stato uno dei primi a denunciarlo, soprattutto per la mia categoria, quella dello spettacolo.

Le settimane scorse a Palermo ho avuto paura, sono stati giorni difficili in giro per le strade c’era gente disperata che chiedeva aiuto perché non riusciva a mangiare.

Lo Stato non può permettersi di lasciare indietro nessuno. Forse a fine aprile arriverà un reddito di emergenza stanziato dal Governo, me lo auguro fortemente. Lo Stato deve occuparsi anche di quelle persone che vivono di espedienti giornalieri e in nero. Lo so è brutto da leggere, soprattutto per noi che paghiamo le tasse, ma la storia ce lo insegna: bisogna pensare anche a un sussidio per garantire la tenuta sociale, altrimenti ci saranno gesti sempre più estremi.

Ma soprattutto non dobbiamo dimenticare che dove non arriva lo Stato arriva la mafia, quindi bisogna intervenire al più presto.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Vivo da solo ma non me ne sto accorgendo (ride). Sono giornate pienissime di incontri (videocall) e, in quanto responsabile sindacale del dipartimento artiste e artisti SLC CGIL CT e SAI (sezione attori italiani), ho riunioni con il sindacato nazionale e con i gruppi di attori di tutta Italia ogni giorno per prendere decisioni, fare proposte da portare al Governo. Sto anche continuando la fisioterapia, tramite Skype, per un incidente di cui sono stato vittima prima della quarantena. Per il resto leggo, scrivo, progetto.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Molte associazione come Arcigay Palermo stanno supplendo con degli incontri su piattaforme web. La trovo una bella idea, è un modo di esserci sempre, perché non dimentichiamo come molte giovani ragazze e ragazzi Lgbt che non hanno fatto coming out in questa quarantena sono costretti a stare a casa, spesso con famigliari omofobi e violenti. Non dobbiamo mai abbassare l’attenzione e dobbiamo esserci sempre soprattutto per loro.

Questo è anche il motivo per il quale il Giacinto festival si farà. È necessario esserci per chi ancora non ha avuto la forza e la possibilità di venir fuori ed essere sé stesso.

Come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?                                       

Alla fine di questa brutta pagina della nostra storia sono certo che ne usciremo più forti emarricchiti. Basti pensare alla rivalutazione delle competenze che quest’emergenza ha evidenziato. I medici hanno finalmente un’autorevolezza e sono spariti i no-vax. Agli insegnanti è stato riconosciuto il loro valore sociale. Abbiamo scoperto l‘utilità del lavoro a distanza, che rappresenta una necessità in questo momento, ma che deve diventare una grande opportunità, non applicabile però in tutti gli ambiti.

Infatti sulla didattica a distanza (dad) nutro delle perplessità, perché se da un lato la scuola ne ha giovato, dovendo digitalizzarsi in fretta a causa dell’emergenza, non dobbiamo dimenticare che, soprattutto nei processi educativi, bisogna mettere al centro la singola persona e la dad non lo permette. La scuola come il teatro sono esperienze di comunità, il loro senso più alto si realizza nel vivere insieme. La scuola, soprattutto per i ragazzi che vivono ai margini, è un momento di crescita e inclusione e con la dad questo è difficile da realizzare, perché non tutte le famiglie hanno un pc o una connessione a disposizione.

Ovviamente sono preoccupatissimo per il settore del turismo e spettacolo. I teatri sono stati chiusi ancor prima delle scuole. Siamo consapevoli che il nostro settore sarà quello che ripartirà per ultimo e che ci saranno grandi difficoltà. Ci vorrà tempo prima che la gente torni ad avere fiducia e scelga di tornare in un luogo chiuso e condiviso come è il teatro. Ora più che mai è diventa necessaria la coesione europea per fornire aiuti concreti ed efficaci, necessari a far ripartire il nostro Paese.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

C’è ancora tanto da fare. Credo fortemente che bisogna continuare a lavorare ed investire sull’educazione e l’informazione partendo dalle più grandi agenzie educative ovvero scuola e famiglia. Bisogna fare un lavoro che parta dalla conoscenza del corpo, ancora imbrigliato in stereotipi e timori, ragione per la quale diventa un’arma utilizzata per renderci schiavi del sistema.

Un bacio appassionato per strada suscita scalpore, è ancora un atto rivoluzionario. La libertà di essere noi stessi, di scegliere, di autodeterminarci, passa dalla libertà dei corpi che è continuamente minata, basti pensare alle morti per bodyshaming.

Occorre inoltre insegnare ai nostri ragazzi un nuovo alfabeto delle relazioni, dove l’educazione alla sessualità e affettività, nel rispetto delle differenze di cui ciascuno è portatore, diventano temi ineludibili per costruire un futuro plurale ed inclusivo.