Mese: Maggio 2020

Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Per il presidente del Circolo Pink di Verona, oggi in sofferenza per il coronavirus, dobbiamo lottare per una società più giusta, non per i nostri orticelli

Altrestorie approda oggi a Verona, dove abbiamo raggiunto Giovanni Zardini, presidente del Circolo Pink e instancabile attivista antirazzista e antifascista. Un’occasione per conoscere una realtà unica nel panorama Lgbtqi+ italiano che è oggi in grossa difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, ma in questi mesi non ha rinunciato, come possiamo leggere, a lanicare una importante campagna di solidarietà per i migranti e rifigiati chiusi in casa senza altre risorse.

Sei uno storico esponente dell’associazione Pink di Verona. Una realtà che negli anni ha subito una radicale evoluzione, divenendo un unicum nel panorama Lgbtqi+ italiano. Ce ne vuoi parlare brevemente spiengondoci meglio cosa fate oggi?
il logo del Circolo Pink di Verona

Il Circolo Pink non è più da anni la classica associazione LGBT come la si poteva intendere anni fa o come altri gruppi, dove ad esempio hanno un direttivo composto solo da persone LGBT, da noi non è cosi.

Nel 2007 abbiamo fatto una revisione dello statuto e abbiamo aggiunto la lettera E (eterosessuale) perchè le persone E sono parte integrante dell’associazione, come costruzione di iniziative, eventi e manifestazioni. Il Pink è sempre stato uno spazio di attraversamento per tante soggettività: nella nostra attuale sede condividiamo lo spazio fisico e politico con Potere Al Popolo e Non Una Di Meno (NUDM). Nella vecchia sede ospitavamo una biblioteca  anarchica, gruppi studenteschi e altre soggettività. Ma è anche stato lo spazio politico dove si incontravano diversi gruppi non LGBT veronesi, per condividere una pratica antifascista e antirazzista comune.

Il tutto è sicuramente il risultato delle particolari condizioni politiche veronesi, dove l’estrema destra è presente ovunque, a livello culturale, economico, istituzionale ma anche sociale. Nello spazio del Pink, all’inizio degli anni 2000, è nato il primo sportello legale per migranti, dopo un po’ di anni è nato il SAT il Servizio Accoglienza Trans (ora associazione indipendente). All’inizio del 2017 nasce Pink Refugees il gruppo LGBT formato da migranti e richiedenti asilo. Possiamo dire che per fare politica al Pink non è mai stato necessario essere LGBT (per fortuna).

Giovanni Zardini, classe 1963, grafico pubblicitario, vive fra Verona e Torino.
Dedica moltissimo tempo ed energia al Circolo Pink di Verona, di cui Presidente dal 1996 e al Gruppo Pink Refugees LGBT Verona.
Negli anni ha fatto parte di Facciamo Breccia e di altri gruppi antifascisti e antirazzisti Veronesi.
Inoltre è stato fra i fondatori del SAT Servizio Accoglienza Trans, prima servizio del Circolo Pink e ora associazione autonoma.

Parlando di Verona a tant* di noi viene in mente il Congresso delle Famiglie e un contesto politico molto ostile, razzista e omofobo. Con il vostro impegno avete finito per connettere i due temi. Che tipo di alleanze, di risposte, anche positive, e di difficoltà incontrate sul territorio?

La situazione a Verona non è cambiata neppure dopo la grande manifestazione del 30 marzo 2019 che ha portato a Verona migliaia di persone da tutta Italia per manifestare contro questa deriva integralista e familista.

Il punto è sempre quello. A Verona convivono e si sono saldate nel tempo diverse forze politiche, culturali, economiche e religiose che hanno un progetto comune, la lotta alle diversità, all’autodeterminazione della donna, contro le persone LGBT, contro i migranti i Sinti e i Rom. Tutti uniti sotto un’unica bandiera la difesa delle tradizioni, dei loro privilegi economici di classe.

La famiglia naturale è il collante del loro pensiero integralista.  Ma anche l’affermazione e la supremazia della razza bianca, la difesa dei privilegi cattolici, ma non quelli legati alla fede, qui comanda la gerarchia cattolica, unita poi alle forze politiche di estrema destra, istituzionale e non.

Il gruppo Pink Refugees alla manifestazione veronese del 30 marzo 2019

E’ facile unire le tematiche razzismo e omofobia. Ricordo che a Verona è ancora in vigore la mozione omofoba 336 del 1995, che ha dato il via a una serie di battaglie contro la discriminazione alle persone LGBT anche in Italia. Poi ci sono i vari gruppi integralisti cattolici. Uno in particolare, “Famiglia e Civiltà”che si batte nello specifico contro le persone omosessuali e transessuali. M Verona è stata anche terra di conquista dei NO-GENDER, con decine di conferenze sul territorio, con patrocini e appoggi a livello istituzionale, economico e religioso. Il Congresso Mondiale delle Famiglie è il risultato di tutto questo.

Poi c’è stata la lotta contro le persone Rom e Sinte e contro i migranti. I vari gruppi di estrema destra veronese hanno fomentato in maniera violenta la popolazione contro i tanti CAS presenti a Verona e provincia. I richiedenti asilo ospitati in accoglienza sono stati oggetto di un’aspra lotta. Si distingue un gruppo: Verona ai Veronesi, con agganci con Forza Nuova, sempre presente là dove si apriva una nuova struttura di accoglienza.

Possiamo anche ricordare che Verona è stato il laboratorio dell’estrema destra italiana per anni e forse lo è ancora, ma qui si apre un mondo che forse potremmo raccontare un’altra volta.

A Verona i gruppi e le persone LGBT hanno dovuto fare una scelta nel 1995 quando è nato il comitato ALZIAMO LA TESTA: o si diventava visibili o si soccombeva. Abbiamo dovuto optare per la VISIBILITA’.

Con quarantene, restrizioni, chiusure di attività economiche e di spazi sociali certamente per alcune componenti della società le difficoltà sono state importanti. Voi come avete risposto e cosa avesse messo in campo per far fronte all’emergenza?

Il Coronavirus e le chiusure sono un grosso problema per tutti gli spazi sociali e politici. Credo che tutti i gruppi e associazioni ne risentiranno fortemente, quando non rischiano di chiudere le attività per sempre. Chi come noi ha uno spazio fisico ha dovuto chiudere tutte le attività, fermare tutto non potendo più fare incontri e iniziative, per cui mantenere economicamente lo spazio è tutt’ora un grosso problema. Come faremo a pagare affitto e utenze che non si sono fermate? Abbiamo stretto un patto con il proprietario della sede: per ora stiamo pagando metà affitto, ma passata l’emergenza vorrà la differenza e, non potendo fare iniziative, non possiamo raccogliere i soldi per sostenere le spese. Anche perché poi molti dei nostri soci e sostenitori non stanno lavorando o hanno perso il lavoro.

Per la nostra realtà il problema del non potersi trovare è pesantissimo. Ultimamente l’unica attività, extra resistenza, dovuta alle particolari condizioni repressive tipiche di Verona, era quella del gruppo Migranti LBGT Pink Refugees, nato nel febbraio del 2017 e che in breve tempo è cresciuto tantissimo. Di punto in bianco le riunioni che facevamo tutti i martedi pomeriggio a Verona si sono bloccate come le altre occasioni di aggregazione. Tutti i martedi pomeriggio al pink arrivano fra le 40 e 50 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate provenienti da tutto il Nord Italia ma anche da Firenze, Bologna, Napoli e Avellino. Uno spazio di aggregazione e socialità importantissimo per loro.

A fine marzo tutto si è bloccato, fortunatamente la chat aperta già nel 2017 ha funzionato ed è stata il collante con il gruppo, oltre ai vari rapporti personali nati in questi anni. Ma abbiamo dovuto affrontare un’emergenza alimentare e lavorativa molto pesante. I migranti del Pink, come altri, sono rimasti chiusi in casa senza lavoro e cibo. Molti di loro, che lavoravano in nero, hanno perso il lavoro da un giorno all’altro, senza naturalmente nessuna garanzia di riprenderlo e a volte senza aver percepito i soldi delle settimane lavorate.

Come avete affrontato la situzione per provare ad aiutarli?

Abbiamo lanciato una sottoscrizione: STAVOLTA, AIUTIAMOLI A CASA LORO per l’acquisto di cibo. Fino ad ora abbiamo raccolto 4.505,00 euro, abbiamo distribuito 4.250,00 euro attraverso 99 bonifici. Abbiamo preferito erogare l’aiuto direttamente in denaro e non con i “sacchetti alimentari” che abbiamo visto in altre esperienze, perché molti migranti hanno esigenze particolari. Per esempio non mangiano o non riescono a digerire bene la nostra pasta o i formaggi e, inoltre, i soldi potevano servire anche per altre esigenze ugualmente importnati come bollette o persino una ricarica del cellulare senza il quale rischiavano il totale isolamento.

Poi abbiamo tamponato tante altre richieste dovute alle udienze saltate, commissioni rimandate e annullate, permessi che scadevano, migranti rimasti senza casa. Un’emergenze dentro l’emergenza è stata che la soggettività migrante tutta è stata molto colpita anche dal punto di vista delle informazioni che non venivano date. Venendo a mancare lo spazio fisico del Pink, si è interrotto anche lo spazio di socialità che speriamo di riprendere quanto prima, perchè troppo importante per la loro autodeterminazione come migranti LGBT.

Negli scorsi giorni in merito  alla possibilità di regolarizzazioni di migranti impegnat* in agricoltura o nelle attività domestiche ci sono state molte polemiche. In particolare ha fatto molto discutere un’uscita del portavoce del Gay Center. Tu che ne pensi? E il provvedimento coì come poi è stato approvato nel decreto ti soddisfa?
Giovanni Zardini in piazza

Che prima di tutto conosce molto poco la realtà delle persone migranti indipendentemente dall’essere LGBT. Poi credo che i migranti siano perfettamente in grado di rappresentarsi da soli. Lo hanno dimostrato in più occasioni e anche chi è LGBT sa autorappresentarsi senza aiuti o altri che parlino per loro. Trovo che sostituirsi alle soggettività e prendere parola per loro sia uno sbaglio che molti hanno fatto. Delegare ad altri i nostri diritti non è sano, ognuno è perfettamente in grado di rappresentarsi. Io che non sono migrante, posso essere al loro fianco ma non posso parlare per loro e arrogarmi questo diritto.

Per la sanatoria certo non ci soddisfa ma sopratutto non soddisfa i migranti. Molte e molti resteranno fuori, le regole imposte sono ridicole e discriminanti, si scatenerà la solita compra vendita di contratti di lavoro pagati a prezzi stellari, vere truffe come è stato per molti di loro all’ultima sanatoria. L’impressione è che sia stato un patto fra partiti e forze politiche per non scontentare 5Stelle e i soliti Salvini e Meloni. Uniche vittime loro, i migranti.

Per i richiedenti asilo non si sa ancora nulla. C’è grande confusione, non si sa se servirà il passaporto, non si capisce il senso della regola del permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi: se ti è scaduto prima sei fuori da uno dei due casi e ti devi affidare a un “datore di lavoro” che ti deve assumere e magari ti vende il contratto per migliaia di euro, cosa che si sa benissimo, ma si preferisce far finta di nulla. Come il problema delle lettere di ospitalità che ogni migrante fuori dall’accoglienza si deve procurare e pagare se vuole che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. La legge non lo dice ma le questure applicano questa assurda regola e alla fine l’ospitalità se la comprano.

Sul piano più personale invece come stai vivendo questo periodo e come ha affrontato la quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Vivo da anni fra Verona e Torino. Quando all’inizio di marzo è scoppiato il coronavirus ero a Torino e ci sono rimasto fino quasi a metà maggio. A Torino abbiamo una casa immersa nel verde isolata sulle colline, siamo stati bene, non ci siamo quasi accorti di tutto quello che stava succedendo se non fosse che si lavorava da casa o che c’erano problemi per fare la spesa e cose che sappiamo tutti. Potevamo uscire tranquilli perchè isolati ed è stata una fortuna. Abbiamo spento la TV…

Lavoro come libero professionista e con un portatile posso lavorare ovunque e spesso è cosi. Fortunatamente i clienti che ho hanno continuato a lavorare perchè altrimenti mi sarei fermato e come libero professionista sarebbe stato un problema. Ma io ero uno dei fortunati. Altre e altri hanno pagato molto caro il periodo.

La preoccupazione però era palpabile, dato che non si sapeva molto, tutto era un’emergenza. Ho anche pensato che ero capitato in uno dei tanti film catastrofici già visti. Poi mi aleggiavano pensieri legati alla nostra libertà: mi dicevo chi deciderà quando l’emergenza sarà passata? Finiremo in uno stato di controllo sociale e polizia? Dovremmo giustificare tutti gli spostamenti? Come ci riavvicineremo alle altre persone? Preoccupazioni ancora presenti.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Luoghi che per noi non sono solo divertimento, ma anche servizi, identità, talvolta uniche occasioni di libertà o incontro. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La buona notizia è che dal 23 maggio 2020 possiamo tornare a riunirci, con regole e prescrizioni, per cui piano piano potremo tornare a quella che era la nostra normalità associativa. Ma credo sarà molto lunga riprendersi.

Non facciamo attività da mesi e siamo in sofferenza economica. Gruppi come il nostro, che non hanno sovvenzioni e finanziamenti, vanno avanti con le iniziative e le donazioni dei soc*. Se si perde lo spazio politico si perde tutto. Una soluzione sarà sicuramente cercare alleanze con altri gruppi che hanno spazi più grandi per potersi vedere e fare attività culturale e associativa. Poi vedremo un po’ tutto il resto.

Saggeremo, anche se lo abbiamo già toccato, il livello di “repressione” sociale: ad un certo punto pareva che per fare qualunque tipo di attività ci volesse l’autorizzazione, anche per respirare. La gente perdeva il lavoro e non si poteva protestare, famiglie intere senza cibo e davano multe a chi consegnava cibo. Non tutti hanno usufruito di aiuti comunali. La diversità è sempre uno spartiacque fra chi accede ai servizi e chi no.

Piano piano dovremmo ricostruire tutto, soprattuto il nostro spazio di pratica politica che non possiamo assolutamente perdere. 

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo sempre quelle: lotta alle disuguaglianze sociali, mancanza di diritti, un ambiente che va a rotoli, lavoro che manca, classi sociali sempre più lontane, migrazioni di popoli che reclamano una vita dignitosa. C’è sicuramente da scegliere. Ho un’idea di mondo dove ogni persona lotta per uno spazio di vivibilità, che però non può essere considerato personale ed egoistico. Quello che vedo però è un mondo che sempre meno mi piace e da cui vorrei fuggire, perchè non scorgo una soluzione.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Mi sono sempre chiesto cosa sia la liberazione sessuale se non una serie di gabbie imposte e autoimposte da scardinare in maniera creativa e irriverente. Io mi auguro che il movimento, se mai ne esiste uno, non sia solo schiacciato su protagonismi e finte liberazioni, o peggio che non abbia una prospettiva e visione politica molto ampia.

Credo che l’epoca degli orticelli sia definitivamente tramontata e anche quella delle rappresentanze. Non voglio far parte di un piccolo mondo gay schiacciato su se stesso, vorrei far parte di un mondo molto più ampio.

Vedo ancora molta violenza contro di noi, molta disuguaglianza sociale e la percezione di noi LGBT non credo sia cosi cambiata: restiamo sempre una diversità da colpire. Vedo però una speranza, una nuova energia, nei ragazzi migranti LGBT. Da loro potremo imparare molto, la loro forza è prodigiosa, nuova linfa al nostro movimento per i diritti.

Franco Buffoni, La nostra classe politica è inadeguata, ma l’Europa ci può salvare

Franco Buffoni, La nostra classe politica è inadeguata, ma l’Europa ci può salvare

Se impareremo il valore delle competenze e della scienza, limiteremo il regionalismo e daremo valore allo smart working questa crisi ci avrà insegnato molto

Il viaggio di AltreStorie nella comunità Lgbtq+ ai tempi della pandemia, oggi ci porta a casa di Franco Buffoni, importante poeta e letterato italiano che da molti anni ha fatto dell’impegno civile e della battaglia per laicità una missione, sia nelle sue opere sia nelle tante occasioni pubbliche che, prima del lockdown, lo vedevano spesso protagonista in giro per il Paese.

Classe 1948, di Gallarate, Franco Buffoni è ordinario di critica letteraria e letterature comparate, esordisce come poeta nel 1978 su “Paragone” (con Jucci del 2014 vince il premio Viareggio), è saggista e traduttore. Al suo primo romanzo Più luce Padre, uscito per Sossella nel 2006, dobbiamo il nostro incontro. Ne seguiranno molti altri – ricordiamo Zamel (2009), Il Servo di Byron (2012), La casa di via Palestro (2014), Il Racconto dello sguardo acceso (2016), Due Pub tre poeti e un desiderio (2019) – in cui con sempre maggior forza emerge l’elemento dell’omosessualità, dell’impegno civile per i diritti, inscindibilmente legati al dato biografico e lirico che la sua scrittura conserva anche quando è in prosa.

Oggi vive tra la sua Gallarate e Roma, dove si è dovuto fermare all’esplosione della pandemia e dove lo abbiamo, virtualmente, raggiunto.

Tu vivi tra la tua Lombardia e Roma, dove sei stato sorpreso e bloccato dalle misure della quarantena. Nella tua esperienza e dai tuoi contatti che differenze ci sono state in questa emergenza tra le due regioni?

Sono rimasto bloccato a Roma dalla metà di febbraio, quindi ho avuto notizie dalla Lombardia solo tramite contatti telefonici e dai giornali. La situazione lì è ben più grave e drammatica, anche da un punto di vista psicologico. Chi non ha contratto il virus è davvero molto preoccupato, mentre qui a Roma l’atmosfera non è così plumbea. I numeri di contagiati e morti d’altronde confermano l’impressione.

Proprio su questa operazione quotidiana di ricerca di notizie relative alla Lombardia ho scritto questa breve poesia:

Mentre da Roma cercavo sul Corriere
Le notizie sul contagio a Gallarate,
L’occhio mi è caduto sul servizio
Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee
Inviate da Curiosity, il rover della Nasa
Che da otto anni vaga sul pianeta.
Il Sole da Marte in un tramonto blu,
Mount Sharp e il cratere di Gale,
I sedimenti d’un antico fiume
Rocce meteoriti e dune
E poi ad un tratto quel pallino chiaro
The Earth
La Terra vista dal cortile del vicino
Con le fidejussioni i rogiti i contratti
Le zone rosse ed arancioni
Le bare bianche senza estreme unzioni.

Vi ho fuso due sentimenti. Il primo è quello ansioso di chi cerca notizie specifiche su questa cittadina tra Milano e il Lago Maggiore. Il secondo riguarda l’enorme squarcio rappresentato dalle foto da Marte inviate dal Rover. L’effetto è straniante. La Terra appare come un pallino lontano, le nostre umane vicende diventano minuscole. In questa poesia si concretizza il tentativo di vedersi dall’esterno, molto dall’esterno.

Franco Buffoni, 72 anni, di Gallarate, è ordinario emerito di critica letteraria e letterature comparate.
Nel 1978 su “Paragone” esordisce come poeta affermandosi, soprattutto a partire dagli anni ’90, come uno dei più importanti poeti italiani a cavallo tra 900 e 2000 con numerose raccolte spesso premiatae. Con Jucci, del 2014, vince il premio Viareggio.
La sua attività spazia molto: saggista, raffinato anglista, è traduttore e teorico della traduzione, curatore di collane e riviste letterarie.
L’impegno da attivista per i diritti civili si lega, però soprattutto alla sua produzione in prosa e si accentua vieppiù a negli ultimi 15 anni.
Il suo primo romanzo, Più luce Padre, è del 2006. Ne seguiranno molti altri – ricordiamo Zamel (2009), Il Servo di Byron (2012), La casa di via Palestro (2014), Il Racconto dello sguardo acceso (2016), Due Pub tre poeti e un desiderio (2019) – in cui con sempre maggior forza emerge l’elemento dell’omosessualità, dell’impegno civile per i diritti, inscindibilmente legati al dato biografico e lirico che la sua scrittura conserva anche quando è in prosa. Oggi vive tra la sua Gallarate e Roma, dove si è dovuto fermare all’esplosione della pandemia.

Tornando più vicino, secondo te nella gestione dell’emergenza e delle sue conseguenze in Lombardia ci sono delle responsabilità politiche?

Credo proprio di sì. In questi due mesi è riemersa prepotentemente la mia avversione verso le autonomie regionali. Sono sempre stato contrario all’istituzione delle regioni e sono stato contrarissimo quando la responsabilità sulla sanità è stata loro attribuita. L’ho scritto anche in diversi libri negli ultimi vent’anni.

La situazione attuale ha mostrato i disastrosi effetti, anche dal punto di vista delle decisioni da prendere e delle loro conseguenze. L’Italia è nata come Paese centralistico, sul modello francese. Poi per compiacere la Lega di Bossi si è realizzata questa parodia di federalismo, è la Sanità è la punta dell’iceberg del suo fallimento.

Non voglio nemmeno parlare di dolo o di colpe personali gravi, che si potranno analizzare in futuro (l’ex presidente Formigoni condannato con sentenza definitiva proprio per corruzione legata alla sanità), ora è macroscopica la questione delle competenze: chi deve decidere e su che cosa e in quale momento. Una vera tragedia, soprattutto quando occorre rapidità. Per cui credo che in Lombardia negli ultimi mesi ci siano state sì delle negligenze, ma all’interno di un assetto istituzionale che non funziona e dovrà essere assolutamente rivisto.

Avvicinandoci ancora di più, sul piano personale, tu come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini e le tue relazioni?
Franco Buffoni ad una lettura

Al di là delle preoccupazioni per amici e parenti, qui a Roma mi sento un privilegiato, perché, facendo lo scrittore, la mia vita non è cambiata molto. Lavoro sempre al computer fino alle tre, le quattro del pomeriggio e continuo a farlo. Sto scrivendo due libri contemporaneamente.

E’ poi nella seconda metà della giornata che mi manca quella passeggiata – la chiamavo la mia ora d’aria – qui sopra, a Villa Borghese. Mi lavo sempre al pomeriggio quando torno dalla passeggiata, mai al mattino per non interrompere il flusso creativo della coscienza. La scrittura mi viene più fluida se non mangio e non mi lavo, trascorrendo dal sonno alla scrittura. Dopo preparo la cena e magari la sera mi vedo un film. Mi manca solo lo spazio pomeridiano dell’uscita. Però di fronte a quello che sta succedendo e ai trentamila morti, sarei ridicolo se mi lamentassi.

Oltre alla fortuna di poter lavorare a casa e quindi di mantenere abbastanza intatta la tua routine, hai quella vivere in centro a Roma, nel cuore di una delle città più belle del mondo, a cui hai dedicato anche una raccolta di poesie qualche anno fa. Nelle tue brevi uscite per le piccole incombenze quotidiane, com’è Roma svuotata dai turisti e dallo shopping? Come ti appare la città in una veste così insolita?
Franco Buffoni

Riprendo una tua affermazione: Roma è la città più bella del Mondo. Sono terribilmente felice di abitare al centro di Roma. Purtroppo in questi mesi non posso godermela come nei vent’anni precedenti. Uscire in via del Corso e vederla deserta, con il solo passaggio delle auto della polizia, è soffocante. Dà l’idea proprio dello Stato di Polizia. D’altro canto – abitando a duecento metri da Palazzo Chigi – è più che comprensibile.

Ma ci si adatta a tutto, per esempio ho fraternizzato con la farmacista Ilaria, tutti i giorni passo a salutarla, chiacchieriamo un po’, rigorosamente mascherinati. Chiacchiero anche un po’ in spagnolo col mio portinaio peruviano Gabino – che a Roma si chiama portiere – e in inglese con un pakistano che ha un negozietto di alimentari qui vicino, dove compero le cose essenziali. Si creano nuovi rapporti umani… Cerco di vivere – e, per quanto posso, di far vivere – con leggerezza la situazione.

Nella paziente convinzione che per me – anziano e con patologie pregresse – anche quando riprenderà un tran tran “normale”, non cambierà nulla. Anzi diventerà tutto più pericoloso: adesso quando esco trovo la strada deserta, ma quando ci sarà più gente in giro, il tasso di rischio per me aumenterà sensibilmente. Se si infetta un giovane, ha buone probabilità di guarire dopo una settimana di influenza; se capita a me, ci lascio le penne. So bene che, fino a quando non ci sarà il vaccino, dovrò continuare a condurre una vita da semi-recluso. Fortunatamente ho un sistema nervoso ben temprato: mi sto attrezzando mentalmente ad andare avanti così, almeno fino all’autunno.

A quali progetti di studio, di lavoro, di scrittura stai lavorando in questo periodo?

Sto lavorando a due libri completamente diversi. Il primo è un libro di poesia, da cui ho bandito completamente il sentimento. Cosa molto difficile per me che sono un poeta lirico. Il titolo provvisorio è “Poesie scientifiche”: cerco di collegare il concetto di “microbiologia” al concetto di “astrofisica”. Poi il sentimento salta fuori lo stesso: anche dalla poesia che ho appena letto credo che un poco si colga. Però ho voluto bandire ogni sentimentalismo.

Inoltre sto allestendo in volume una scelta di interviste avvenute tra 1990 e il 2020, suddivise cronologicamente per decennio e per argomento, in modo che emerga un discorso organico, rispettando i singoli intervistatori e le peculiarità delle loro testate, ma anche rendendo consequenziali le risposte.

Ma per maggio non era già stata annunciata l’uscita di “Silvia è un anagramma”?

Sì, era stata programmata in concomitanza con la stagione dei Pride e, si sperava, con l’approvazione alla Camera della legge contro l’omofobia. Ma l’editore Marcos y Marcos ha rimandato all’autunno, per il momento.

Perché quel titolo?

Il riferimento diretto è all’omosessualità di Leopardi, ma sono in gioco anche altri autori…

A proposito di poesia e scienza. Tu sei un letterato impegnato sul piano civile e in questo ruolo hai sempre sottolineato l’importanza del primato della Scienza e della ricerca per il progresso sociale e civile. Questo elemento oggi emerge con forza di fronte alla situazione sanitaria che stiamo vivendo. Quale può essere il rapporto ottimale tra scienza, politica e democrazia?
Franco Buffoni con una sua opera pittorica giovanile

Questa situazione ci sta facendo sempre di più capire l’importanza delle competenze specifiche. Un elemento che nel decennio scorso è stato spesso vilipeso e irriso. Non vorrei adesso aprire una polemica politica, però, va da sé che c’è stato molto dilettantismo deteriore, nella convinzione che chiunque potesse svolgere qualunque ruolo.

Oggi ci si rende conto che non è così, e questo ci sta dando una severa lezione. Dobbiamo rifarci a persone competenti, che hanno studiato per decenni le materie, e però anche mettere a confronto le loro opinioni, che a volte sono divergenti, perché la scienza procede in modo empirico, non c’è mai una risposta definitiva e monolitica. Non esiste l’Ipse dixit in campo scientifico, esiste un continuo processo di ricerca, di verifica dei dati, di prova e controprova e poi la messa in discussione costante dei risultati raggiunti.

Forse finalmente gli italiani cominciano a imparare come funziona il metodo scientifico. E anche che esiste un mondo che non possono vedere, quello della microbiologia: l’infinitamente piccolo. Magari da contrapporre a quello dell’infinitamente grande: dell’astrofisica. Per gente abituata a Padre Pio nel portafoglio insieme al Gratta e Vinci, potrebbe essere un’occasione di maturazione.

Quindi dalla scienza desumiamo: niente Ipse dixit, ma autorevolezza delle competenze. Niente verità assolute ma confronto delle posizioni basate su dati di realtà e non su pregiudizi o prese di posizione ideologiche. Che tipo di rapporto c’è tra scienza, politica e democrazia?

La scienza può dare alla politica tutte le indicazioni che in quel momento appaiono grazie alle evidenze empiriche. Poi la politica deve considerare questo ammontare di conoscenze alla luce anche d’altri elementi: sociali, lavorativi, economici. E saper trarre la sintesi all’interno dei meccanismi di uno stato di diritto, che in primis deve sapere tenere indipendenti e sovrani esecutivo, legislativo e giudiziario. Non è facile. E in una situazione come la nostra, che non era florida neanche in precedenza, occorreranno autorevolezza e rigore e una classe poltica adeguata e all’altezza. Il conflitto Stato/Regioni di cui parlavo prima, per come è apparso nelle ultime settimane, si pone proprio sul piano opposto.

La nostra classe politica ti sembra adeguata e all’altezza?

Assolutamente no. Ma è un vecchio discorso che non appartiene solo agli ultimi anni. La classe politica non è adeguata culturalmente, e le radici di questa inadeguatezza risalgono a come venne impostata l’istruzione in Italia nel Novecento: su basi totalmente a-scientifiche. Non mi riferisco solo a Giovanni Gentile, completamente compromesso col fascismo, ma anche a Benedetto Croce, che era un liberale e divenne Ministro della Pubblica Istruzione negli anni ‘50.

Se guardiamo i programmi della Scuola Media da lui allestiti, scopriamo che a fronte di sei ore di latino settimanali non era prevista neanche un’ora di Scienze. Ciò facilitò la crescita d’una classe politica totalmente forgiata sulle ideologie. Siamo andati avanti così per decenni, con laureati in legge totalmente ignoranti del fatto scientifico e del metodo scientifico. Nella convinzione che il mondo umanistico dovesse avere l’assoluta prevalenza, e che il fatto scientifico fosse irrilevante e riguardasse solo la tecnica. In seguito le cose sono solo peggiorate, fino all’elogio dell’ignoranza al potere.

Parliamo di scuola. Con le classi di ogni ordine dall’infanzia all’università chiuse, e l’irrompere della didattica a distanza. Sorte per altro condivisa dalle tante lavoratrici e lavoratori in smart working. Come sta funzionando?
Franco Buffoni parla di Mario Mieli nel corso di un evento alla Sapienza di Roma (2013)

Persino durante la guerra le scuole funzionarono: semplicemente non si tennero gli esami di maturità: dal ‘41 al ‘45 si passò per scrutinio. L’anno prossimo gli insegnanti dovranno praticamente rifare il secondo quadrimestre di quest’anno. Gli unici a tirare davvero il fiato in questi mesi sono stati gli allievi soggetti ad atti bullismo.

Sulla didattica a distanza dividerei l’utenza in due ambiti: dalle elementari alle medie superiori c’è comunque bisogno del contatto diretto con l’insegnante. La relazione educativa è anche psicologica e non si può pensare di poter trasmettere solo dei contenuti. Per gli universitari invece, in particolare per la laurea specialistica e i dottorandi ciò è possibile. Per una lezione di filologia romanza o di patologia il docente può anche essere a schermo.

Lo stesso dicasi per lo smart working, che in Italia era poco praticato. Se ne scopre l’abbattimento dei costi e dei tempi di trasporto. Questi mesi di forzata presenza a schermo degli studenti adulti e dei lavoratori da scrivania, insomma, mi sembra che stiano cambiando inveterate abitudini. D’altro canto le emergenze sono sempre servite almeno a questo. Nei cinque anni della seconda guerra mondiale l’industria aeronautica fece progressi che in tempo di pace avrebbe compiuto in trent’anni.

Parliamo di comunità Lgbt+. Il virus e le misure introdotte di limitazione della mobilità e del contratto sociale hanno avuto un impatto devastante su spazi di aggregazione e associazioni, serate, locali, presentazioni, eventi. In definitiva, sulla vita di persone che compongono una minoranza…

Una minoranza che in Italia non ha ancora ottenuto i diritti fondamentali che le spettano. Dei famosi tre punti – matrimonio per tutti con step-adoption, procreazione assistita, legge contro l’omofobia – siamo riusciti ad ottenere soltanto una parte del primo punto. Questa situazione ci rende ancora più fragili. Non voglio pensare a ciò che accadrà se alle politiche del 2023 dovessero vincere queste destre paleozoiche che ci ritroviamo. Queste destre che paiono pascersi e godere soltanto della loro atavica e pregiudiziale ignoranza.

In questo quadro la situazione del Movimento Lgbt+ italiano è ben più precaria di quanto non sia in Francia, Spagna o Germania. Il fatto di non poter più incontrare le persone ha sclerotizzato le relazioni: è come se tutti fossimo rimasti incollati al muro nel momento della chiusura. Tutti indistintamente, ma le persone Lgbt+ ne risentono maggiormente: sono più fragili, essendo per definizione meno garantite, come s’è visto colla questione dei “congiunti”. Sappiamo bene l’importanza che i luoghi di aggregazione hanno per questo segmento di società!

Per questo mi auguro che le persone imparino a leggere dei libri e imparino a vedere dei film, anche se a casa da soli: libri e film che si possono procurare online. Affinché questa pausa serva anche a maturare.

Sul piano generale, invece, quali prospettive politiche, sociali e economiche abbiamo davanti?

Dipende molto da come reagirà l’Europa. Se l’Europa riuscirà davvero a fare un passo avanti nell’ottica dell’Unione monetaria ed economica, che poi alla fine significa anche condivisione del debito, la crisi non sarà stata inutile. Se prevarranno gli egoismi nazionalistici, lo scenario si farà pessimo.

Mi auguro che questa situazione possa permettere di intraprendere la via verso una responsabilità collettiva per quanto riguarda l’economia, la difesa (l’esercito europeo), la politica estera, eccetera. L’uscita dell’Inghilterra dovrebbe favorire questo processo. Se invece dovessero prevalere gli egoismi nordeuropei, per l’Italia saranno tempi davvero duri, ma il nostro disastro si rifletterà anche su di loro. Spero nel buon senso di tutti. Nessuno può avere davvero interesse a mandare a picco l’Italia – e di conseguenza la Spagna, la Grecia, il Portogallo, e persino la Francia.

Per concludere tornando alle questioni della battaglia per i diritti, ma più ampiamente per la liberazione sessuale e tutte le lotte femministe e della comunità Lgbtqi+, quali prospettive vedi? Quali i rischi, quale possibilità, quali sfide vedi all’orizzonte?

Abbiamo alcune scadenze importanti. In novembre ci sarà l’elezione del nuovo Presidente americano. Se dovesse essere eletto Biden, negli Stati Uniti cambieranno molte cose anche sul piano dei diritti Lgbt+. Verrà una politica alla Obama sul piano dei diritti civili e ci sarà una ricaduta positiva anche sull’Europa. Se dovesse essere confermato Trump, invece, tutto questo si risolverà in negativo.

I paesi europei che già posseggono una legislazione favorevole alle persone Lgbt+ probabilmente non regrediranno sul piano dei diritti, mentre un Paese come l’Italia, che è appena all’inizio del processo di acquisizione di diritti, potrebbe avere una battuta d’arresto. E prima ho detto le elezioni del 2023, perché non voglio nemmeno pensare che si possa andare ad elezioni anticipate, e che una maggioranza di destra possa eleggere il nuovo Presidente della Repubblica nel 2022. Se dovessero aprirsi questi scenari, il movimento Lgbt+ avrebbe ancor più a soffrire.

Alex Marte, il porno al tempo del cornavirus

Alex Marte, il porno al tempo del cornavirus

Il noto porno attore gay italiano sorprende parlando del suo nuovo amore e delle relazioni. Il porno, come tutti i settori dell’entertainment, va ripensato

AltreStorie oggi ha voluto sentire Alex Marte, attore porno gay italiano tra i più conosciuti e premiati anche a livello internazionale. Performer, spogliarellista, gogo boy, personal trainer, Alex Marte, ha fatto della sua fisicità prorompente il suo lavoro, collaborando negli anni con i principali club ed eventi Lgbtqi europei e asiatici. Nel nostro Paese ha prestato la sua immagine alla campagna del EuroPride Roma 2011 e ha spesso collaborato con Muccassassina e il Circolo Mario Mieli.

Da poco vive a Barcellona, dove, come in Italia, è stato fermato dal lockdown e dove lo abbiamo raggiunto.

Modello, personal trainer, gogo boy ma soprattutto uno dei porno attori gay italiani più amati e premiati. Un mondo su cui spesso aleggiano tabù e pregiudizi. Ci racconti come si svolge il tuo lavoro e se le tue attività ti hanno mai provocato discriminazioni o episodi sgradevoli?

Personalmente, non ho mai vissuto episodi di discriminazione o di omofobia, in nessuno degli ambiti in cui mi sono ritrovato a lavorare, forse anche per merito della mia stazza. Il mio lavoro è sempre stato incentrato sul mio corpo. Sono tutte tipologie di professioni che elevano il culto della bellezza e della perfezione fisica a “professionalità”. Chi guarda, solitamente, ammira chi fa tutto ciò… Fino ad estremizzare l’idea di uomo desiderabile, nel porno.

Nella vita di tutti i giorni è capitato che qualcuno mi desse del “bellone”, vuoto e senza intelligenza, perché invece di studiare per specializzarmi in una professione, ho scelto la via facile dell’uso del mio corpo. Ma ti assicuro che per essere un personaggio bisogna studiare, e anche tanto, il movimento del corpo, della voce, l’uso dello sguardo e del portamento per arrivare agli altri.

L’ultimo lavoro mi vede protagonista di un video musicale di una famosa pop star bulgara girato nella Hollywood europea degli studi Boyana in Bulgaria, dove vengono girati tutti i film più famosi al mondo.

Alex Marte, 40 anni, milanese di origini pugliesi, vive da poco a Barcellona.
Performer, spogliarellista, personale trainer è soprattutto uno dei più cnosciuti e premiati porno attori italiani nel mondo.
nel 2011 ha prestato la sua immagine all’EuroPride di Roma e negli hanni si è esibito in alcuni tra i più foamosi eventi e club Lgbtqi europei ed asiatici. In Italia ha collaborato con Muccassassina e col Circolo Mario Mieli.

Secondo te in generale che rapporto ha la comunità Lgbtqi con la pornografia? Può avere la pornografia un ruolo di liberazione sessuale, scoperta e accettazione dei propri desideri e della propria sessualità? E tu che rapporto hai con i tuoi ammiratori?

Ho sempre avuto un rapporto di “normalità” con la mia professione nel porno e tutto questo ho cercato di trasmetterlo nelle persone. Solo una volta, sono stato insultato per la mia professione, proprio da un’esponente politico che organizza serate Lgbt. Ho fatto scivolare tutto via, anche grazie alle persone intorno che mi hanno sostenuto. Essere insultato in pubblico è davvero pesante, da chi dovrebbe difenderci e promuovere i nostri diritti, invece li usa per tornaconto personale ed economico attraverso i media, ma dal vivo è tutt’altra storia.

Sono un attore che sul set crea un mondo fantastico e ideale, dove si realizzano per incanto sogni, fantasie e desideri; senza freni e senza pudore, nel pieno rispetto dell’altro, sempre.

I fan hanno sempre visto questa normalità e questa naturalezza in me, anche negli incontri live, nelle ospitate nei locali, e per questo non mi hanno fatto vivere come “sporco” questo mestiere, e non lo hanno vissuto come momento proibizionistico, ma come proiezione in me dei loro sogni segreti. Un rapporto di complicità direi.

In questo momento a causa del covid e delle misure di distanziamento e prevenzione assunte, tutto il mondo dello spettacolo, delle serate, dello sport e anche le produzioni cinematografiche si sono dovute fermare. Come stai facendo fronte alla situazione? Che impatti ci sono stati per il mondo del porno, che pure con milioni di persone in Italia e nel mondo costrette in più o meno prolungati isolamenti domestici, immaginiamo possa ricevere traffico superiore alla norma?
Alex Marte per l’EuroPride Roma 2011

Il primo imperativo in questo periodo è stato preservare la nostra salute. Il mondo dell’entertainment in generale ne sta soffrendo in tutte le sue categorie. Gli operatori del settore, e anche io stesso, viviamo in attesa di riprendere il contatto con il pubblico, che è l’unico start che accende i motori della nostra professione. Abbiamo rotto tutti i nostri salvadanai… Adesso speriamo di riprendere il ritmo normale o presto si toccherà davvero un fondo difficile da allontanare.

Il porno da sempre è lo stimolo all’autoerotismo, al rapporto con sé stessi. In questo periodo arrivano messaggi e richieste di video privati per cmbattere la noia. Personalmente non ho aderito a questa linea di azione. Con il proliferare di profili amatoriali onlyfans, dove il ragazzo comune
condivide la sua intimità a pagamento, il settore professionale ne soffre molto… è l’evoluzione ai tempi dei social.

Sul piano più personale come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati oltre al tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Pieno rispetto delle regole e cambio assoluto dello stile di vita. Personalmente sono stato travolto dai cambiamenti. Trasferito da poco a Barcellona, nel clou del periodo di adattamento e conoscenza dei luoghi e delle persone, mi sono ritrovato rinchiuso in casa, con unica ancora di
salvezza il dialogo cam/telefono con amici sparsi per il mondo e con il mio nuovo amore, una persona fantastica, che vive a New York, ed è un artista della fotografia, Nicholas Joseph Contrera.

Nicolas Contrera, il fotografo compagno di Alex a lavoro con Amanda Lepore

Un rapporto che è cresciuto molto nel dialogo e nella condivisione di passioni comuni . Vengo da una relazione che è stata “malata” da un certo punto in poi e mi ha prosciugato energia vitale.

Questa nuova relazione, anche se ha visto l’inizio in quarantena mi sta portando energia nuova. Il contatto e la condivisione della giornata, sempre uguale a se stessa, mi ha aiutato molto.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Con che conseguenze per la comunità? Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?
Alex Marte e il suo cucciolo

Credo che il discorso sia planetario, universale. Tutti i luoghi di aggregazione e che creano business a tutti i livelli, sono da reinventare, da riazzerare e riprogettare. Tutto sarà in stand-by per un bel po’. Ma in questo essere in pausa, si creano nuovi modi di portare i vari prodotti culturali alle
persone.

Anche la musica dei club è arrivata in casa a tutti noi ( vedi il prodotto Muccassassina LockDown, Papa Party, Gate e via discorrendo) Dovremo essere più creativi di questo virus per ridiffondere socialità e cultura.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non sono molto bravo nelle analisi socio-politiche. Certo è che chi ci guida e governa sia a livello locale che a livello globale dovrà mettere da parte le faide interne, e il tornaconto personale per pensare al bene comune. Molto spesso chi ha il potere lavora a vantaggio di poche nicchie mentre il resto del mon spesso si deve adeguare.

La sfida più grande? Riprenderci il nostro mondo e i nostri spazi. In questo non mi fido molto della classe politica, preferisco affidarmi alle sapienti mani “fantasiose” di un pornoattore che alle menti “farneticanti” di un politicante.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La liberazione sessuale oggi passa attraverso la “normalità“, non i gesti plateali e scandalistici. In questo clima di allontanamento sociale avremo essere bravi a dimostrare che i diritti che richiediamo e che ci permettono di vivere il nostro lato affettivo non si riducono al libertinaggio sessuale che spesso alimenta tutti i pregiudizi della società che ci disegna come persone aberranti.

Siamo uomini che amano e che si prendono cura del proprio nucleo sociale, anche se non è la famiglia tradizionale.

Elia, l’autocertificazione per tante persone trans è stato outing forzato

Elia, l’autocertificazione per tante persone trans è stato outing forzato

Rischio di outing, paura per i continui controlli della polizia, difficoltà nel ricevere le cure necessarie e nel reperire gli ormoni aggravati dal lockdown

Oggi con AltreStorie abbiamo sentito Elia Bonci, giovane studente di lettere e filosofia alla Sapienza di Roma e scrittore che ha fatto del suo percorso di transizione un’occasione di riflessione su stereotipi e omotrasfobia trafodmarndo le personali discriminazioni subite in un progetto che, prima dell’esplosione dell’epidemia, portava in giro nelle scuole.

Ma neanche la loro chiusura e la perdita del lavoro lo hanno fatto arrendere, continuando il suo impegno sul web e attraverso la sua seguita pagina instagram, dove da tempo racconta la sua transizione, offrendo il suo supporto a chi sta vivendo la stessa esperienza.

Come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Non sto vivendo molto bene questo periodo di quarantena. Sto trovando molte difficoltà sopratutto per il mio percorso di transizione, dal momento in cui sono state sospese tutte le prestazioni mediche non ritenute urgenti e tutti i consulti psicologici.

Ho trovato difficoltà a reperire i miei medicinali e non ho avuto il supporto psicologico di cui avrei avuto bisogno. (Io e tutti i ragazzi e le ragazze nella mia situazione). Oltre a questo ho anche perso il lavoro.

Elia Bonci

Elia Bonci, 24 anni, vive in provincia di Roma e studio lettere e filosofia alla Sapienza di Roma.
Ha deciso di traformare la sua difficile esperienza e il suo percorso di transizione in motivo di impegno e di ispirazione.
Autore de “Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia” (Caravaggio editore) e di un progetto contro omofobia e tranfobia che porta nelle scuole, racconta il suo percorso di transizione attraverso la sua seguitissima pagina Instagram.

Tu sei una persona in transizione, che come moltissime, non ha (ancora) adeguato i documenti alla sua identità sociale. Quali difficoltà aggiuntive comporta questa condizione nella vita quotidiana, in particolare con le attuali limitazioni degli spostamenti?

Non aver potuto fare il cambio dei documenti è come non esistere per certi versi. Sono invisibile e vivo sempre una condizione di ansia a disagio. Ho difficoltà a trovare un lavoro ma anche semplicemente a prendere un treno o un aereo.  È successo anche che a causa di questo io sia stato rifiutato in alcuni posti di lavoro.

Le limitazioni aggiuntive per il COVID-19 hanno aumentato questi disagi. Compilare le autocertificazioni è stato sia umiliante dal punto di vista personale che frustante, sono stato sempre con la paura di essere fermato e dover stare a spiegare tutta la mai vita a qualcuno che probabilmente non era informato sul mondo trans.

Oltre a questo le autocertificazioni hanno costretto me e molti altri ragazzi trans ad un outing forzato.

A causa delle limitazioni degli spostamenti e la chiusura di scuole, e luoghi aperti al pubblico i social stanno rivestendo un ruolo molto importante in questo momento. Ci parli dei progetti che stavi portando avanti con i tuoi libri e attraverso Instagram e come sono cambiati in questa fase?
Performance di Elia Bonci

Il Covid-19 ha bloccato tutti i miei progetti, quindi sto cercando di portarli sui social, ma ovviamente non è lo stesso. Porto avanti un progetto contro omofobia e transfobia che avrei dovuto portare nelle scuole qualche giorno dopo che è stato chiuso tutto. 

Il progetto si chiama “Amore in Movimento” e ha lo scopo di educare i ragazzi all’amore verso se stessi e verso gli altri. 

Racconto un grave atto di transfobia che ho subito anni fa e spiego ai ragazzi come questa mostruosità terrestre si possa combattere con l’amore e con l’educazione e lo faccio tramite varia attività a cui i ragazzi partecipano attivamente (per questo amore in movimento!) 

Racconto che io ho superato le bruttezze di quei giorni con i miei libri (Diphylleia – solo l’amore può distruggere l’omofobia) e spiego loco che possono farcela e che devono reagire a tutto questo. 

Ho già presentato il progetto in varie città, come Latina, Eboli, Torino e Lucca.

Quali sono secondo te oggi le priorità per le persone transgender nel nostro Paese?
Performance di Elia Bonci

Sicuramente un cambio di documenti più repentino e immediato, che non lasci tutti noi ragazzi in uno stato di invisibilità per qualche anno. Credo ci sia l’esigenza di snelllire burocraticamente le pratiche e darci immediatamente i documenti che ci spettano. Non sono gli ormoni o le operazioni a renderci quello che siamo. Abbiamo bisogno anche di una legge che ci tuteli sul lavoro e ci permetta di essere assunti anche prima del cambio documenti.

Ritengo importante anche che venga chiarita la questione sui farmaci a base di testosterone e sulla loro reperibilità. Spesso i ragazzi si trovano costretti a cambiare terapia poiché i farmaci di cui hanno bisogno non sono reperibili o sono fuori produzione. Io sono in terapia da sei mesi e ho cambiato farmaco già 4 volte. Non è accettabile.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

Il blocco totale degli spazi di aggregazione per le persone Lgbtq+ è stata una botta molto dura per la comunità. Moltissimi ragazzi si sono ritrovati soli, costretti a violenza continua tra le mura domestiche.

Prima del lockdown sarei dovuto andare a portare i miei progetti a Napoli, Siena, Torino e molte altre città. Nonostante questo stiamo rimandando attivi sui social e già ci stiamo organizzando per il dopo. Sicuramente andrò ad Ischia e a Bergamo.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Non credo sarà un periodo facile, sopratutto per le minoranze. Come ben sappiamo spesso per il bene comune, come dicono, si sacrificano diritti ed esigenze dei più deboli o delle piccole comunità. Ci sarà una grande crisi e servirà la mobilitazione di tutti per ripartire. Con amarezza e dispiacere ho sentito molte persone intorno a me inneggiare a un ritorno della destra storica per far ripartire il Paese.

Spero soltanto che queste rimangano mere dicerie e nulla più. Sto vedendo cosa sta succedendo intorno a me alla comunità Lgbtq+ e non solo quando sale al governo un estremista e non vorrei succedesse anche qui. 

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Credo che siamo ad un buon punto, anche se ritengo ci sia ancora tantissima strada da fare. Sono molto attivo sui social e ho creato uno spazio dove i ragazzi (soprattutto giovanissimi) possono confrontarsi e sfogarsi e ho notato che siamo una grandissima comunità. Dobbiamo continuare a lottare, sempre con amore, e cercare di educare gli altri al  nostro mondo e al rispetto della diversità.

Tiziana Biondi, La lotta per i diritti oggi più urgente che mai

Tiziana Biondi, La lotta per i diritti oggi più urgente che mai

L’attivista di Stonewall Siracusa oggi è impegnata con le altre associazioni del territorio per offrire aiuti alle persone in difficoltà per la crisi

Oggi AltreStorie approda a Siracusa, dove abbiamo raggiunto l’infaticabile Tiziana Biondi, 47enne vicepresidente di Stonewall, di cui è stata fondatrice e presidente.

Ma il suo attivismo, come potrete leggere, non si ferma all’impegno nella comunità Lgbtqi+. Da sempre impegnata in Arci e Arciragazzi è stata tra le promotrici dell’evento nazionale Educare alle Differenze e dell’omonima associazione nata a livello nazionale proprio da quell’esperienza.

Per chi non la conoscesse ci parli di Stonewall, delle sue attività?

Stonewall, attualmente presieduta da Alessandro Bottaro, è un’associazione di volontariato, apolitica e apartitica, democratica e indipendente.

Sin dalla sua fondazione, avvenuta l’8 ottobre del 2008, ha sempre operato contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e di genere, cercando di rimuovere tutti gli ostacoli di ordine socio-culturale che da sempre limitano la libertà di gay, lesbiche, bisessuali e trans.

Oltre a organizzare e promuovere eventi formativi e culturali, l’associazione offre consulenza e supporto psicologico e legale alle persone Lgbtq+ e loro familiari e svolge attività formativa in collaborazione con istituti scolastici, enti pubblici e privati al fine di diffondere la cultura della pari dignità delle persone con differente orientamento sessuale e per prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e/o violenza.

Dal 2014 Stonewall è co organizzatrice e co-promotrice insieme alle associazioni SCOSSE di Roma, che lo ha ideato, e Il Progetto Alice di Bologna di Educare Alle Differenze – Giornate Nazionali per l’Educazione alle Differenze nelle Scuole di ogni ordine e grado.

Tiziana Biondi

Tiziana Biondi, classe ’73, agrigentina di nascita, siracusana d’adozione. Cofondatrice dell’associazione STONEWALL, di cui è stata presidente e oggi vice presidente.
Cresciuta a pane Arci e Arciagazzi, si definisce una donna, lesbica, femminista e un’attivista per i diritti civili e umani.
Dal 2005 follemente innamorata della sua Carmen con la quale si è unita civilmente il 23 dicembre del 2016.

A Stonewall come state affrontando l’epidemia di coronavirus e le misure conseguenti?

Durante questo periodo di distanziamento fisico obbligatorio (aborriamo l’espressione “distanziamento sociale“) l’associazione ha continuato a offrire alcuni dei servizi che normalmente offre:

  • Il telefono amico – per l’ascolto e il supporto delle persone LGBT+ e loro familiari.
  • La Psicologa Risponde – Una linea amica, un servizio e-mail gratuito di counseling on line, gestito da psicologi, psicoterapeuti e sessuologi, che collaborano con l’associazione, rivolto a tutte e tutti coloro che sentono il bisogno di un supporto, per aver subìto discriminazioni a scuola, in famiglia o sul posto di lavoro, per far fronte a problemi di coppia, per chiarire i propri dubbi o per affrontare momenti di solitudine e scoramento. Supporto, consulenza e sostegno psicologico e legale.
  • E infine Open Space LGBT+ – gruppo di counseling psicologico condotto, in modalità “on line”, dallo psicologo Andrea Malpasso e dalla psicologa e psicoterapeuta Emma Lo Magro.
Sei molto impegnata nelle iniziative sociali che affrontano la crisi generata dall’epidemia. Con che realtà vi state confrontando? Quali sono i principali problemi e bisogni che sono emersi nelle scorse settimane e che risposte avete messo in campo?
Tiziana Biondi, Stonewall Siracusa

Da quando è iniziata la pandemia, ho pensato che avrei potuto mettere a disposizione, anche di altre associazioni, le mie competenze e il mio tempo. Le emergenze nell’ emergenza sono state chiare sin da subito: povertà e solitudine. Tante le persone rimaste isolate dai loro affetti e dalla rete amicale che di fatto ne costituiva la loro “iperfamiglia”.

Attualmente collaboro con i meravigliosi volontari e volontarie delle associazioni “ASTREA in memoria di Stefano Biondo”, ARCI Siracusa e Zuimama Arciragazzi che stanno facendo un gran lavoro per far fronte ai bisogni di tante ciattadine e cittadini e tante famiglie che necessitano di alimenti e generi di prima necessità. Con loro abbiamo distribuito aiuti a tantissime persone che si sono trovate improvvisamente in difficoltà e che si vergognavano persino a chiedere.

Ho messo a disposizione anche le mie competenze sulla comunicazione coi social media per la ricerca di risorse economiche e per diffondere notizie e informazioni utili.

Insieme all’addetta stampa di Stonewall e ad alcune amiche abbiamo messo su anche una trasmissione che va in diretta ogni giorno dal nome che ne spiega la mission “CONNESSIONI SOLIDALI

Sul piano personale invece, come stai vivendo questo periodo di quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?
L’unione civile di Tiziana Biondi (destra) e Carmen

Mi ritengo molto fortunata poiché sto condividendo la quarantena con la persona che amo che rappresenta il pilastro della mia esistenza e cioè mia moglie Carmen.

Ovviamente mi sento orfana dei miei affetti familiari (vedo mia madre, mia sorella e miei adorati nipoti solo tramite videochiamata) e della mia preziosa rete amicale che rappresenta per me una seconda grande e preziosa famiglia.

Dal punto di vista lavorativo le cose non vanno benissimo poiché sono disoccupata dal mese di marzo del 2019 e trovare una nuova occupazione in questo periodo è estremamente complicato. Ma chi mi conosce sa che sono una persona che non si scoraggia facilmente e pertanto sto impiegando il mio tempo a studiare e a frequentare dei corsi di formazione on line poiché spero di reinventarmi presto, lavorativamente parlando.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

A Siracusa, Stonewall insieme ad Arcigay Siracusa e ad altre associazioni cittadine aveva cominciato a lavorare al Pride 2020 e a tante altre iniziative che ha dovuto sospendere.

Saranno mesi complicati e di certo bisognerà attendere l’evolversi della situazione. Ma abbiamo già in mente di organizzare, non appena sarà possibile, degli eventi, sia all’aperto, garantendo norme e distanze di sicurezza e sia utilizzando la modalità “on line” . Penso faranno lo stesso le altre associazioni.

Molto più complessa è invece la situazione dei gestori dei locali o di serate lgbt+ che come tutti i piccoli e grandi imprenditori e i lavoratori di quasi tutti i settori si trovano in grande difficoltà.

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?
Tiziana Biondi

Il futuro che ci aspetta di certo non sarà roseo, a livello economico e sociale, tanto c’è da fare e riscostruire e tanto c’era da fare e non è stato fatto. La rinascita sociale ed economica del nostro Paese dipende quasi totalmente da chi ci governa e dalla classe politica che si è mostrata fino ad oggi non molto preparata ad affrontare questa situazione.

C’è da lavorare molto alla sanità, il cui modello si è dimostrato essere fallimentare e inadeguato, e che dire del wellfare e delle politiche per il lavoro e per il sostegno alle famiglie ? Temo le risposte siano sotto gli occhi di tutte e tutti noi. In tutto questo c’è da vigilare per arginare la deriva populista, sovranista e nazionalista che costituiscono una minaccia alla democrazia e a quanto di buono c’è nel nostro Paese.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

La comunità Lgbtq+ e il mondo dell’associazionismo che si batte per i diritti civili e umani, si troverà ad affrontare un periodo ancora più complicato. Temo infatti che per tante forze politiche quella dei diritti delle persone Lgbtq+ non sia più una priorità, sebbene, sono sempre più convinta, che lo sia oggi ancor di più.

Non appena possibile dovremo scendere in piazza per chiedere a gran voce una legge contro l’omotransbifobia, l’inserimento all’interno della legge sull’unione civile, di una norma che riconosca la “step child adoption” o magari il matrimonio egualitario, affinchè, come più volte detto dal premier Conte, nessuno e nessuna resti indietro…