Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Giovanni Zardini, Prendiamo esempio dalla forza dei migranti Lgbt+

Per il presidente del Circolo Pink di Verona, oggi in sofferenza per il coronavirus, dobbiamo lottare per una società più giusta, non per i nostri orticelli

Altrestorie approda oggi a Verona, dove abbiamo raggiunto Giovanni Zardini, presidente del Circolo Pink e instancabile attivista antirazzista e antifascista. Un’occasione per conoscere una realtà unica nel panorama Lgbtqi+ italiano che è oggi in grossa difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus, ma in questi mesi non ha rinunciato, come possiamo leggere, a lanicare una importante campagna di solidarietà per i migranti e rifigiati chiusi in casa senza altre risorse.

Sei uno storico esponente dell’associazione Pink di Verona. Una realtà che negli anni ha subito una radicale evoluzione, divenendo un unicum nel panorama Lgbtqi+ italiano. Ce ne vuoi parlare brevemente spiengondoci meglio cosa fate oggi?
il logo del Circolo Pink di Verona

Il Circolo Pink non è più da anni la classica associazione LGBT come la si poteva intendere anni fa o come altri gruppi, dove ad esempio hanno un direttivo composto solo da persone LGBT, da noi non è cosi.

Nel 2007 abbiamo fatto una revisione dello statuto e abbiamo aggiunto la lettera E (eterosessuale) perchè le persone E sono parte integrante dell’associazione, come costruzione di iniziative, eventi e manifestazioni. Il Pink è sempre stato uno spazio di attraversamento per tante soggettività: nella nostra attuale sede condividiamo lo spazio fisico e politico con Potere Al Popolo e Non Una Di Meno (NUDM). Nella vecchia sede ospitavamo una biblioteca  anarchica, gruppi studenteschi e altre soggettività. Ma è anche stato lo spazio politico dove si incontravano diversi gruppi non LGBT veronesi, per condividere una pratica antifascista e antirazzista comune.

Il tutto è sicuramente il risultato delle particolari condizioni politiche veronesi, dove l’estrema destra è presente ovunque, a livello culturale, economico, istituzionale ma anche sociale. Nello spazio del Pink, all’inizio degli anni 2000, è nato il primo sportello legale per migranti, dopo un po’ di anni è nato il SAT il Servizio Accoglienza Trans (ora associazione indipendente). All’inizio del 2017 nasce Pink Refugees il gruppo LGBT formato da migranti e richiedenti asilo. Possiamo dire che per fare politica al Pink non è mai stato necessario essere LGBT (per fortuna).

Giovanni Zardini, classe 1963, grafico pubblicitario, vive fra Verona e Torino.
Dedica moltissimo tempo ed energia al Circolo Pink di Verona, di cui Presidente dal 1996 e al Gruppo Pink Refugees LGBT Verona.
Negli anni ha fatto parte di Facciamo Breccia e di altri gruppi antifascisti e antirazzisti Veronesi.
Inoltre è stato fra i fondatori del SAT Servizio Accoglienza Trans, prima servizio del Circolo Pink e ora associazione autonoma.

Parlando di Verona a tant* di noi viene in mente il Congresso delle Famiglie e un contesto politico molto ostile, razzista e omofobo. Con il vostro impegno avete finito per connettere i due temi. Che tipo di alleanze, di risposte, anche positive, e di difficoltà incontrate sul territorio?

La situazione a Verona non è cambiata neppure dopo la grande manifestazione del 30 marzo 2019 che ha portato a Verona migliaia di persone da tutta Italia per manifestare contro questa deriva integralista e familista.

Il punto è sempre quello. A Verona convivono e si sono saldate nel tempo diverse forze politiche, culturali, economiche e religiose che hanno un progetto comune, la lotta alle diversità, all’autodeterminazione della donna, contro le persone LGBT, contro i migranti i Sinti e i Rom. Tutti uniti sotto un’unica bandiera la difesa delle tradizioni, dei loro privilegi economici di classe.

La famiglia naturale è il collante del loro pensiero integralista.  Ma anche l’affermazione e la supremazia della razza bianca, la difesa dei privilegi cattolici, ma non quelli legati alla fede, qui comanda la gerarchia cattolica, unita poi alle forze politiche di estrema destra, istituzionale e non.

Il gruppo Pink Refugees alla manifestazione veronese del 30 marzo 2019

E’ facile unire le tematiche razzismo e omofobia. Ricordo che a Verona è ancora in vigore la mozione omofoba 336 del 1995, che ha dato il via a una serie di battaglie contro la discriminazione alle persone LGBT anche in Italia. Poi ci sono i vari gruppi integralisti cattolici. Uno in particolare, “Famiglia e Civiltà”che si batte nello specifico contro le persone omosessuali e transessuali. M Verona è stata anche terra di conquista dei NO-GENDER, con decine di conferenze sul territorio, con patrocini e appoggi a livello istituzionale, economico e religioso. Il Congresso Mondiale delle Famiglie è il risultato di tutto questo.

Poi c’è stata la lotta contro le persone Rom e Sinte e contro i migranti. I vari gruppi di estrema destra veronese hanno fomentato in maniera violenta la popolazione contro i tanti CAS presenti a Verona e provincia. I richiedenti asilo ospitati in accoglienza sono stati oggetto di un’aspra lotta. Si distingue un gruppo: Verona ai Veronesi, con agganci con Forza Nuova, sempre presente là dove si apriva una nuova struttura di accoglienza.

Possiamo anche ricordare che Verona è stato il laboratorio dell’estrema destra italiana per anni e forse lo è ancora, ma qui si apre un mondo che forse potremmo raccontare un’altra volta.

A Verona i gruppi e le persone LGBT hanno dovuto fare una scelta nel 1995 quando è nato il comitato ALZIAMO LA TESTA: o si diventava visibili o si soccombeva. Abbiamo dovuto optare per la VISIBILITA’.

Con quarantene, restrizioni, chiusure di attività economiche e di spazi sociali certamente per alcune componenti della società le difficoltà sono state importanti. Voi come avete risposto e cosa avesse messo in campo per far fronte all’emergenza?

Il Coronavirus e le chiusure sono un grosso problema per tutti gli spazi sociali e politici. Credo che tutti i gruppi e associazioni ne risentiranno fortemente, quando non rischiano di chiudere le attività per sempre. Chi come noi ha uno spazio fisico ha dovuto chiudere tutte le attività, fermare tutto non potendo più fare incontri e iniziative, per cui mantenere economicamente lo spazio è tutt’ora un grosso problema. Come faremo a pagare affitto e utenze che non si sono fermate? Abbiamo stretto un patto con il proprietario della sede: per ora stiamo pagando metà affitto, ma passata l’emergenza vorrà la differenza e, non potendo fare iniziative, non possiamo raccogliere i soldi per sostenere le spese. Anche perché poi molti dei nostri soci e sostenitori non stanno lavorando o hanno perso il lavoro.

Per la nostra realtà il problema del non potersi trovare è pesantissimo. Ultimamente l’unica attività, extra resistenza, dovuta alle particolari condizioni repressive tipiche di Verona, era quella del gruppo Migranti LBGT Pink Refugees, nato nel febbraio del 2017 e che in breve tempo è cresciuto tantissimo. Di punto in bianco le riunioni che facevamo tutti i martedi pomeriggio a Verona si sono bloccate come le altre occasioni di aggregazione. Tutti i martedi pomeriggio al pink arrivano fra le 40 e 50 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate provenienti da tutto il Nord Italia ma anche da Firenze, Bologna, Napoli e Avellino. Uno spazio di aggregazione e socialità importantissimo per loro.

A fine marzo tutto si è bloccato, fortunatamente la chat aperta già nel 2017 ha funzionato ed è stata il collante con il gruppo, oltre ai vari rapporti personali nati in questi anni. Ma abbiamo dovuto affrontare un’emergenza alimentare e lavorativa molto pesante. I migranti del Pink, come altri, sono rimasti chiusi in casa senza lavoro e cibo. Molti di loro, che lavoravano in nero, hanno perso il lavoro da un giorno all’altro, senza naturalmente nessuna garanzia di riprenderlo e a volte senza aver percepito i soldi delle settimane lavorate.

Come avete affrontato la situzione per provare ad aiutarli?

Abbiamo lanciato una sottoscrizione: STAVOLTA, AIUTIAMOLI A CASA LORO per l’acquisto di cibo. Fino ad ora abbiamo raccolto 4.505,00 euro, abbiamo distribuito 4.250,00 euro attraverso 99 bonifici. Abbiamo preferito erogare l’aiuto direttamente in denaro e non con i “sacchetti alimentari” che abbiamo visto in altre esperienze, perché molti migranti hanno esigenze particolari. Per esempio non mangiano o non riescono a digerire bene la nostra pasta o i formaggi e, inoltre, i soldi potevano servire anche per altre esigenze ugualmente importnati come bollette o persino una ricarica del cellulare senza il quale rischiavano il totale isolamento.

Poi abbiamo tamponato tante altre richieste dovute alle udienze saltate, commissioni rimandate e annullate, permessi che scadevano, migranti rimasti senza casa. Un’emergenze dentro l’emergenza è stata che la soggettività migrante tutta è stata molto colpita anche dal punto di vista delle informazioni che non venivano date. Venendo a mancare lo spazio fisico del Pink, si è interrotto anche lo spazio di socialità che speriamo di riprendere quanto prima, perchè troppo importante per la loro autodeterminazione come migranti LGBT.

Negli scorsi giorni in merito  alla possibilità di regolarizzazioni di migranti impegnat* in agricoltura o nelle attività domestiche ci sono state molte polemiche. In particolare ha fatto molto discutere un’uscita del portavoce del Gay Center. Tu che ne pensi? E il provvedimento coì come poi è stato approvato nel decreto ti soddisfa?
Giovanni Zardini in piazza

Che prima di tutto conosce molto poco la realtà delle persone migranti indipendentemente dall’essere LGBT. Poi credo che i migranti siano perfettamente in grado di rappresentarsi da soli. Lo hanno dimostrato in più occasioni e anche chi è LGBT sa autorappresentarsi senza aiuti o altri che parlino per loro. Trovo che sostituirsi alle soggettività e prendere parola per loro sia uno sbaglio che molti hanno fatto. Delegare ad altri i nostri diritti non è sano, ognuno è perfettamente in grado di rappresentarsi. Io che non sono migrante, posso essere al loro fianco ma non posso parlare per loro e arrogarmi questo diritto.

Per la sanatoria certo non ci soddisfa ma sopratutto non soddisfa i migranti. Molte e molti resteranno fuori, le regole imposte sono ridicole e discriminanti, si scatenerà la solita compra vendita di contratti di lavoro pagati a prezzi stellari, vere truffe come è stato per molti di loro all’ultima sanatoria. L’impressione è che sia stato un patto fra partiti e forze politiche per non scontentare 5Stelle e i soliti Salvini e Meloni. Uniche vittime loro, i migranti.

Per i richiedenti asilo non si sa ancora nulla. C’è grande confusione, non si sa se servirà il passaporto, non si capisce il senso della regola del permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi: se ti è scaduto prima sei fuori da uno dei due casi e ti devi affidare a un “datore di lavoro” che ti deve assumere e magari ti vende il contratto per migliaia di euro, cosa che si sa benissimo, ma si preferisce far finta di nulla. Come il problema delle lettere di ospitalità che ogni migrante fuori dall’accoglienza si deve procurare e pagare se vuole che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. La legge non lo dice ma le questure applicano questa assurda regola e alla fine l’ospitalità se la comprano.

Sul piano più personale invece come stai vivendo questo periodo e come ha affrontato la quarantena? Come sono cambiati il tuo lavoro, le tue abitudini, le tue relazioni?

Vivo da anni fra Verona e Torino. Quando all’inizio di marzo è scoppiato il coronavirus ero a Torino e ci sono rimasto fino quasi a metà maggio. A Torino abbiamo una casa immersa nel verde isolata sulle colline, siamo stati bene, non ci siamo quasi accorti di tutto quello che stava succedendo se non fosse che si lavorava da casa o che c’erano problemi per fare la spesa e cose che sappiamo tutti. Potevamo uscire tranquilli perchè isolati ed è stata una fortuna. Abbiamo spento la TV…

Lavoro come libero professionista e con un portatile posso lavorare ovunque e spesso è cosi. Fortunatamente i clienti che ho hanno continuato a lavorare perchè altrimenti mi sarei fermato e come libero professionista sarebbe stato un problema. Ma io ero uno dei fortunati. Altre e altri hanno pagato molto caro il periodo.

La preoccupazione però era palpabile, dato che non si sapeva molto, tutto era un’emergenza. Ho anche pensato che ero capitato in uno dei tanti film catastrofici già visti. Poi mi aleggiavano pensieri legati alla nostra libertà: mi dicevo chi deciderà quando l’emergenza sarà passata? Finiremo in uno stato di controllo sociale e polizia? Dovremmo giustificare tutti gli spostamenti? Come ci riavvicineremo alle altre persone? Preoccupazioni ancora presenti.

Il virus e le misure per contrastarlo hanno avuto un impatto enorme sulla socialità e anche sugli spazi di aggregazione Lgbtqi, come associazioni, serate, locali, eventi culturali. Luoghi che per noi non sono solo divertimento, ma anche servizi, identità, talvolta uniche occasioni di libertà o incontro. Come ripartire, come saranno i prossimi mesi?

La buona notizia è che dal 23 maggio 2020 possiamo tornare a riunirci, con regole e prescrizioni, per cui piano piano potremo tornare a quella che era la nostra normalità associativa. Ma credo sarà molto lunga riprendersi.

Non facciamo attività da mesi e siamo in sofferenza economica. Gruppi come il nostro, che non hanno sovvenzioni e finanziamenti, vanno avanti con le iniziative e le donazioni dei soc*. Se si perde lo spazio politico si perde tutto. Una soluzione sarà sicuramente cercare alleanze con altri gruppi che hanno spazi più grandi per potersi vedere e fare attività culturale e associativa. Poi vedremo un po’ tutto il resto.

Saggeremo, anche se lo abbiamo già toccato, il livello di “repressione” sociale: ad un certo punto pareva che per fare qualunque tipo di attività ci volesse l’autorizzazione, anche per respirare. La gente perdeva il lavoro e non si poteva protestare, famiglie intere senza cibo e davano multe a chi consegnava cibo. Non tutti hanno usufruito di aiuti comunali. La diversità è sempre uno spartiacque fra chi accede ai servizi e chi no.

Piano piano dovremmo ricostruire tutto, soprattuto il nostro spazio di pratica politica che non possiamo assolutamente perdere. 

Dopo quel che sta succedendo in Italia e nel mondo come ti immagini il futuro a livello politico, sociale ed economico? Quali conseguenze, rischi, ma anche nuove sfide o possibilità?

Credo sempre quelle: lotta alle disuguaglianze sociali, mancanza di diritti, un ambiente che va a rotoli, lavoro che manca, classi sociali sempre più lontane, migrazioni di popoli che reclamano una vita dignitosa. C’è sicuramente da scegliere. Ho un’idea di mondo dove ogni persona lotta per uno spazio di vivibilità, che però non può essere considerato personale ed egoistico. Quello che vedo però è un mondo che sempre meno mi piace e da cui vorrei fuggire, perchè non scorgo una soluzione.

Infine qual è oggi secondo te la prospettiva che si apre nella lotta per i diritti e la liberazione sessuale?

Mi sono sempre chiesto cosa sia la liberazione sessuale se non una serie di gabbie imposte e autoimposte da scardinare in maniera creativa e irriverente. Io mi auguro che il movimento, se mai ne esiste uno, non sia solo schiacciato su protagonismi e finte liberazioni, o peggio che non abbia una prospettiva e visione politica molto ampia.

Credo che l’epoca degli orticelli sia definitivamente tramontata e anche quella delle rappresentanze. Non voglio far parte di un piccolo mondo gay schiacciato su se stesso, vorrei far parte di un mondo molto più ampio.

Vedo ancora molta violenza contro di noi, molta disuguaglianza sociale e la percezione di noi LGBT non credo sia cosi cambiata: restiamo sempre una diversità da colpire. Vedo però una speranza, una nuova energia, nei ragazzi migranti LGBT. Da loro potremo imparare molto, la loro forza è prodigiosa, nuova linfa al nostro movimento per i diritti.


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